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6. Vecchie e nuove
famiglie religiose in Messina
Mons. Guarino apprezzava il bene che le famiglie religiose compiono in
una diocesi e perciò favorì sempre il ritorno nella sua di quelle che già
esistevano prima della bufera del 1866, oppure la venuta di altre fondate
recentemente.
Per la cura dei vecchi chiamò dalla Francia
in Messina le Piccole Suore dei Poveri di S. Giuseppe, le quali gli furono
sempre grate e lo consideravano come padre e fondatore. La loro superiora così
scriveva nel marzo del 1897: « Vous
connaisez assez bien ce qui a été, ce qu'est pour nous son Eminence; nous le
nommons à juste tître le fondateur, le père, le bienfaiteur de notre maison ».
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Chiamò pure a Messina le suore del Buon
Pastore, ad Alì Marina le Figlie di Maria Ausiliatrice, sostenendo e
continuando le pratiche già iniziate da privati; favorì con ogni aiuto, il
ritorno dei Gesuiti in Messina che, fin dai tempi di S. Ignazio, si erano
installati nella città e poi diffusi in tutta la Sicilia.
Nella lettera con cui aderivano ai
festeggiamenti per il giubileo episcopale di mons. Guarino i Gesuiti,
manifestando il loro «spontaneo sentimento di riconoscenza, di grato animo e di
amor filiale », scrivevano: « Che forse
la Compagnia di Gesù non deve la sua esistenza in Messina all'Em.mo mons.
Guarino? Che forse tutti i padri, dal loro primo arrivo fin oggi, non hanno
avuto in lui un angelo tutelare che li ha sempre incoraggiato e sostenuto con
la sua autorità? È per loro un sacrosanto dovere di riconoscenza di onorare e
festeggiare colui che per tanti titoli ha diritto alla loro gratitudine e
riconoscenza, di onorare e festeggiare colui che per tanti titoli ha diritto
alla loro gratitudine ed affetto ». 30
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Per l'ospedale
civico di Messina ottenne le Figlie della Carità di S. Vincenzo de' Paoli.
Per tante altre istituzioni il suo intervento
fu sempre decisivo per la loro fondazione e per la loro ripresa nella città e
nella diocesi.
A) I
CARMELITANI.
A causa delle
persecuzioni dei Musulmani, dopo l'esito disastroso della quinta crociata e la
pace di Federico II con il Sultano di Egitto, che riuscì tanto svantaggiosa per
i cristiani, anche i Carmelitani del Monte Carmelo non poterono più
tranquillamente darsi al servizio di Dio.
Il Beato Alano di
Bretagna, priore generale, concesse loro di ritornare nella propria patria.
«I provenienti dalla
Sicilia scrive lo storico dell'Ordine
presumibilmente in quello stesso anno 1238, tornarono alla loro terra,
fondando il primo convento in Messina che, da allora, è stata sempre
considerata la seconda culla dell'Ordine Carmelitano, come confermano gli atti
del Capitolo Generale celebrato a Montpellier (i più antichi a noi pervenuti) e
poi tutti quelli succedutesi attraverso i secoli nei quali la Provincia
Siciliana vien posta subito dopo quella di terra santa ». 31
Come tutti gli altri
ordini religiosi, anche i Carmelitani dovettero perdere i loro conventi in
Messina e nella diocesi dopo le leggi eversive del nuovo stato italiano.
Per la Chiesa del Carmine di Messina, dopo
varie vicissitudini, nel 1876, i Carmelitani poterono ricominciare a godere di
una certa serenità anche, come scrive il documentatissimo Padre Nicotra, « per
la benevola comprensione del nuovo
arcivescovo Guarino. Si deve soprattutto al suo
paterno
interessamento ed apostolico zelo, oltre che alla sua alta personalità se
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il Demanio, nel 1878, si decideva finalmente ad affidare
definitivamente la Chiesa ai Carmelitani.
La sua paterna
benevolenza verso i Carmelitani - continua padre Nicotra - si
può dedurre da una lettera che egli, il 24 luglio 1886, inviava al loro
Superiore Generale esternandogli la sua soddisfazione per il culto mantenuto
dai frati nella Chiesa del Carmine, tenuta sempre nella massima decenza ... per
la devozione alla Madonna mantenuta sempre viva nel popolo, anche per speciale
merito del p. Macrì che allo scopo non si era risparmiato sacrifici anche
economici e personali ». 32
Mons. Guarino, che da
ragazzo aveva desiderato diventar carmelitano, scelse questa Chiesa per le
riunioni mensili del clero e per la predicazione degli esercizi spirituali ai
sacerdoti e l'ebbe sempre cara poiché spesso vi si recava per sostarvi in
preghiera.
B)
LE FIGLIE DI S. ANNA.
Le Figlie di S. Anna
erano venute in Sicilia nel 1876, quando fondarono la loro prima casa in
Agrigento. Da quel tempo - scrive il biografo della fondatrice, la Madre Rosa
Gattorno - fecero a gara vescovi e
amministratori nel chiamare queste religiose ad assumere ospedali, manicomi,
asili, collegi. 33
Anche mons. Guarino
apprezzò subito le attività delle Figlie di S. Anna e le volle nella sua
diocesi, favorendole in tutti i modi, anche indirizzando al giovane istituto
delle vocazioni preziose.
Esse poi furono veramente ammirevoli durante il
colera. La Superiora di Palermo, Sr. Anna Battistina Bertucci, accorsa ad
aiutare le consorelle, scriveva il 13 settembre 1882: « Ieri sera arrivammo a
Messina. Che desolante spettacolo . . Non si - 98 -
trovò nulla da poterci cibare
ed eravamo digiune dal mattino. Sicure che mons. arcivescovo ci avrebbe aiutate
ci recammo da lui ed appena espressogli che non si aveva da mangiare ci
provvide di pane e di altro ». 34
Dopo il colera venne loro affidato in Messina un Orfanotrofio per i
bambini che in quel flagello avevano perduto i genitori. « Sia benedetto Dio -
scriveva mons. Guarino alla Madre Gattorno
queste figlie, guidate dall'egregia superiora, sono veramente la Carità
di Gesù Cristo resa sensibile. Oh! che Dio le conservi e le benedica! Le vedo
dovunque placide, pronte, operose, tranquille. Come sono care! Deve essere
grande la loro virtù!
Come non amarle e
benedirle nel Signore con l'intimo dell'anima? La stessa gente che poco pensa a
Dio ammira la loro abnegazione e la loro carità, la loro ilarità nel lavoro . .
. Ella ne goda, Madre, come a gran cuore ne godo io, tanto maggiormente che
tutta la città le apprezza e le venera». 35
C) I SALESIANI.
Mons. Guarino da molto
tempo ammirava i Salesiani, sia per la fama di don Bosco come per
quell'affinità ascetica derivata dal santo vescovo di Ginevra che lo legava
alla loro spiritualità. 36
Quando giunsero in Sicilia, il 23 ottobre 1879, li
accolse con grandi dimostrazioni di affetto e il giorno seguente scriveva a don
Bosco per esprimergli « la dolce consolazione di abbracciare i suoi figli ». «
Ne avevo - aggiunse - grande desiderio e Dio benedetto mi ha
esaudito. Prego Nostro Signore a volerla - 99 -
rimeritare. Fui fortunato
nell'offrire l'alloggio del mio quasi distrutto seminario ed essi ebbero la
bontà di accomodarsi ».
Invitava poi il santo ad accettare la sua ospitalità
quando fosse venuto in Sicilia: « Le sarei poi oltremodo obbligato, se volesse avvertirmi
del giorno dell'arrivo in Reggio con antecedenza per venire di persona ad
incontrarla fin lì e condurla meco in Messina.
Poi concludeva: «
Gradisca, la prego, la mia intima riconoscenza pel bene che mi ha concesso e si
degni aver memoria di me miserabile nelle sue orazioni e
permetta che le
baci di cuore
le mani». 37 Nel vol. XIV
delle « Memorie Biografiche » il Ceria scrive: « A Messina l'arcivescovo
mons. Guarino li colmò di cortesie. Erano in dieci; servì loro di propria mano
il caffè e quindi fece allestire nel seminario un comodo alloggio e quanto
occorresse per il vitto. Partirono il giorno dopo edificati dalla bontà di
quell'eminente pastore che voleva essere considerato salesiano ». 38
Nella primavera del 1881,
da Santa Domenica, dove era in visita pastorale, passò a Randazzo e si
trattenne con i salesiani quasi una settimana.
Nella cronaca del
collegio di S. Basilio di Randazzo sono descritte le solenni ed affettuose
accoglienze riserbate all'arcivescovo: « Restò con noi ben quattro giorni:
pontificò, cresimò, predicò sempre però nella Chiesa del collegio. Tenne ai
confratelli una dotta affettuosa conferenza parlò dei destini della
Congregazione salesiana, inneggiò a D. Bosco e ai suoi figli e ci lasciò col
cuore pieno di ammirazione.
Egli mostrava compiacersi
e dilettarsi di passare le ricreazioni in mezzo ai giovinetti a guisa di un
direttore salesiano . .
Egli portò del collegio di Randazzo un'impressione così
benevola ed entusiasta che gli anni non la cancellarono mai più. E
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ben lo sanno i salesiani che ebbero occasione di passare da Messina
ospiti di Monsignore.
Anzi da quel tempo egli
diede opera perché i coniugi Marino, ricchi e pii messinesi, i quali avevano in
animo di consacrare tutte le loro sostanze a favore di pie istituzioni,
elegessero i salesiani. Di guisa che le case di Messina e di
Alì possono dirsi filiali del
collegio di S. Basilio di Randazzo ». 39
Domenico Bruna, aggiunge,
nei citati cenni biografici di D. Pietro Guidazio, « Dobbiamo dunque saper
grado alla santa memoria di mons. Guarino se si ebbe nell'eredità Marino il
mezzo di iniziare a un tempo stesso le case di Catania, di Messina e Alì».
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Mons. Guarino,
desiderava, come dicemmo, avere i salesiani in Messina, ma per quegli anni non
fu possibile; poterono giungervi solo nel 1893 inviati da Don Rua con cui mons.
Guarino fu pure in corrispondenza.
A lui inviò le condoglianze per la morte di don Bosco con
questa lettera: « L'annunzio della perdita immensa che la Chiesa ha fatto con
la morte di Don Bosco, novello S. Vincenzo de' Paoli, mi ha tanto conturbato
che non potei subito esprimere alla S. V. Rev.ma e all'intera Congregazione
Salesiana il mio acerbo dolore. Quell'uomo era un miracolo, era la Provvidenza
di Dio resa sensibile; come non impressionarci vivamente della di lui perdita?
Ma egli vive in cielo e ivi è potente dinnanzi al trono di Dio. Veglierà sulle
opere stupende lasciate sulla terra e non lascerà' di dare alle stesse nuovo
impulso ed incremento novello; ed Ella che così ben ritrae le sue virtù otterrà
sicuramente da Dio, per intercessione del santo ed illustre fondatore, tanto
vigore e tanta forza di azione, da rendere meno amara la dipartita ».
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Mons. Guarino
fu accanto a Don Bosco in momenti difficili e lo confortò con le sue parole:
«Quando le contraddizioni vengono dagli uomini non sono durevoli. Ella non si
scoraggi. Per altro il suggello delle opere di Dio è la contraddizione, il
demonio deve fare qualche cosa contro l'ordine novello; lo conceda un pochino
alla povera bestia poiché poi, al postutto, le sue opere maligne producono il
gran bene di purgarci nella pazienza ».42
Lo sostenne personalmente
presso la Curia e le Congregazioni romane e parlò delle difficoltà di don Bosco
direttamente con il Papa nella udienza concessagli da Leone XIII nel novembre
1883.
In precedenza scriveva al
salesiano Don Dalmazzo di riferire a Don Bosco quante scale aveva salite,
quante anticamere fatte, quanti andirivieni per servirlo e tutto e sempre con
intimo amore.
Concludendo la narrazione
dei rapporti di mons. Guarino con i salesiani così scrive il Ceria: « Oggi se i
salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, hanno creato un complesso
meraviglioso di opere, se ne deve saper grado allo zelo illuminato e
perseverante del Card. Guarino che preparò il terreno e del frutto vide poco
più di splendide promesse ». 43
Don Guidazio, il primo
direttore salesiano venuto in Sicilia diceva sempre di mons. Guarino: È
la persona più amabile che abbia conosciuto!
Cento anni dopo, il
salesiano Don Amoroso, così chiudeva un bell'articolo commemorativo: « Cardinal
Guarino, in questo centenario dell'opera salesiana in Sicilia, i figli di quel
don Bosco che amasti tanto, ti dicono: Grazie! ». 44
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