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Domenico De Gregorio
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • CAPITOLO V    CARDINALE   DI   S.  ROMANA  CHIESA
    • 4.   Mons.  Guarino  e  la  sua  famiglia
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4.   Mons.  Guarino  e  la  sua  famiglia

 

      Mons. Guarino fu tenerissimo con i fratelli e i nipoti; si interessò sempre dei loro studi e professioni, dei piccoli e grandi problemi delle loro famiglie, partecipando sempre di cuore ai dolori e alle gioie di esse. Ma non si creda che si sia servito mai del suo prestigio e della sua influenza per favorirli nella carriera o per ottenere privilegi e vantaggi. Fratelli e nipoti si fecero strada da , secondo le proprie tendenze.

      


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Egli però, quando poteva, interveniva con i suoi consigli per guidarli sulla via del bene.

      Il 24 dicembre 1880, avendo appreso dal fratello Paolino che suo figlio Beniamino pensava di entrare nell'avvocatura erariale così scriveva a quest'ultimo: « Parmi proprio una fissazione la quale mi impressiona tanto da lasciare tante persone, come vigilia del S. Natale, per scriverti due parole. Parmi proprio che tu vuoi lottare con la Provvidenza. Non vedi che, secondo la tua confessione, gli affari della tua professione crescono? Perché dunque voler vestirti di una livrea e perdere la libertà della tua nobile missione di difendere l'oppresso contro l'oppressore? Mentre poi io sento da tutti i magistrati indistintamente che se ne vorrebbero uscire. Nessuno, nessuno alla lettera, di quante persone con cui ho parlato ti consiglia un passo così falso .

      Questo è quanto posso dirti come zio che ti ama senza fine. Assicurati che io sarei addoloratissimo dell'affermativa ». 18

      Mons. Guarino non lasciava mai occasione per suggerire ai nipoti, ai familiari, un comportamento cristiano e, quanto più possibile, perfetto: specialmente nelle difficoltà e nelle malattie li seguiva con il pensiero e la preghiera, 19 li confortava e li incitava a sperare sempre nella grazia e nell'intervento di Dio.

Durante una malattia di Paolinuccio, figlio di Beniamino, scriveva al nipote: « Fa gran cuore: il fanciullo starà bene come spero dalla Madonna Santissima e dalla gran serva di Dio, Suor Agnese Chiara Steiner, tedesca ma badessa del monastero delle clarisse di Nocera Umbra. È una santa morta nel 1862, ha fatto molti miracoli, e tali miracoli da avere ordinato il Papa che si procedesse al processo e all'introduzione della causa di canonizzazione. Ne ho letto la vita e ne rimasi sorpreso ed innamorato. Mi arriva or ora dal vescovo di quella città l'annessa reliquia. Mettila addosso al fanciullo e poi conservatela con molta devozione in famiglia per servirvene in ogni bisogno ». 20

     


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Come risulta da tanti passi delle lettere, si preoccupava moltissimo dell'educazione cristiana di tutti i suoi. Quando seppe che il nipote Beniamino aveva mandato i suoi figli all'istituto Randazzo, gestito da educatori laicisti, scrisse al nipote una lettera quanto mai pressante: « Mi arriva assai tormentoso l'annuncio che mandi i cari figlioli più grandetti alle scuole dell'istituto Randazzo. Anche tu ti sei lasciato illudere dalle ipocrite apparenze di codesto pessimo istituto. Lo so: molte famiglie rispettabili di costà sono illuse, anche preti si sono illusi, anche il marchese Arezzo si era illuso con danno gravissimo dei suoi figli e bisognò torli via.

      Per l'amor di Dio, figlio mio, apri gli occhi e leva di i cari figliuoli, gemme d'innocenza. Ma perché non in Monreale? Se ti sembra che sono ancora troppo piccoli, ti consiglio, per quest'anno, farli istruire in casa da qualche prete o anche da qualche buon laico che potrebbe indicarti il can. Pennino. Ma ti prego, ti scongiuro, ti esorto a torli via dall'Istituto Randazzo, subito, subito.

      La notizia mi ha fatto così triste impressione che era sul punto di partire per Palermo onde aggiustare questa faccenda. Ma confido molto nel tuo affetto per me e pei tuoi figli e nella tua sperimentata docilità ». 21

Preoccupazioni e dispiaceri soffrì mons. Guarino a causa del nipote Angelo, per le sue stravaganze, la volubilità affettiva e le scelte che non gli sembravano encomiabili.

      Più volte egli se ne interessò scrivendo agli altri parenti perché lo consigliassero bene, lo richiamassero; voleva anche intervenire di autorità, ma lo avrebbe ascoltato? Suggeriva che si adoperassero la persuasione, i modi gentili, ma fermi. Ma non si ottenne alcun effetto.

      Quando poi Angelo scrisse allo zio parlandogli di un suo futuro matrimonio non gradito alla famigia, mons. Guarino gli rispose con questa lettera, che egli stesso definiva glaciale: « L'impressione ricevuta dalla tua lettera non mi ha permesso fin'ora


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di riscontrarla. Vedo già che la parola del mio affetto non trova eco nella tua mente e nel tuo cuore e che puoi e vuoi fare a meno dello zio, il solo che rimane in piedi, dopo la morte di papà e che, ingannato, credeva di potere qualche cosa presso i singoli della famiglia. Non devo dunque che ritirarmi e chiudermi nel mio dolore.

      Ossequia l'afflitta mamà, se pure la cieca passione ti permette di avere una madre alla quale dovrebbesi ben altre riverenza e considerazione. Addio ». 22

Un mese dopo, ad una lettera di Angelo che gli chiedeva il suo consenso per

un progetto matrimoniale rispose negativamente perché - scriveva ad altro nipote - « non poteva e non potrò mai aderire a cosa che formerebbe la di lui rovina ». 23

      Ma lo stesso giorno scriveva alla moglie di Beniamino, Concettina, così:   Angelino è costà; ti raccomando la calma e la dolcezza e per te stessa perché l'agitazione può esserti nello stato attuale (era in attesa) sommamente nociva e pel bene della cosa. Angelo non ha cuore da potersi irritare perché si rompe nel dispetto. Ha cuore che bisogna porre in calma. Parole calme, dignitose, con amore e persuasive, ecco la via da battere ». 24

      Seguiva con attenzione la vita della famiglia in tutti i suoi aspetti e voleva essere informato di ogni cosa..

      Per vari motivi il nipote Beniamino, una volta, ritardò per un certo tempo di scrivergli. Mons. Guarino lo richiamò con questa graziosissima lettera: « Dopo tanto silenzio in continua aspettativa di tue lettere, defraudato sempre, ti prego di un favore: ho in Palermo un nipote il quale mi è caro assai più di quanto egli può immaginare. È avvocato distintissimo, attento, affettuoso, rispettosissimo verso di me, in perfetta corrispondenza dell'affetto che  gli  porto. Pigliane conto, procura di  vederlo, di  parlargli  e come


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ti sarà possibile, dammi le nuove sue, le nuove della mia nipote, sua moglie, del caro figliolino.

Si chiama Beniamino Guarino. Essendo anche tu tra gli affari forensi non ti sarà difficile avvenirti in lui. Sappi che egli andò a rimpatriare per aggiustare certi affari di famiglia e del suo municipio. Seppi che la moglie non potè seguirlo, come avrebbero ambedue desiderato, perché sofferente di difficile gravidanza. Io n'ebbi tanto dolore perché rimasta in tale stato senza

il sollievo del marito . . . Tornato dalla patria ho atteso di lui lettera, ho cercato con ansia tra le tante lettere che di continuo, più volte al giorno, mi arrivano con la posta, ma non ho veduto i suoi caratteri, mi sono lusingato che l'avrei trovato al dimani; ma dall'oggi al dimani son già mesi di inutile aspettazione. Egli intanto si professa mio figlio ed io l'amo come padre. Procura di vederlo presto e di darmi le nuove sue e della famiglia ». 25

      Ma, proprio il giorno dopo spedita la lettera, arrivava quella di Beniamino a cui subito l'arcivescovo rispondeva: « Ieri pulitamente ed affettuosamente ti aveva lavato il capo per così lungo e inopportuno silenzio. Credimi, Beniamino mio, io ti amo con tenerezza estrema la quale cresce sempre con l'invecchiar degli anni. E poi di tanta famiglia chi mi resta se non gli amati nipoti? E chi rappresenta il residuo della seconda mano della nostra casa?

Il tuo silenzio poi ha fatto a te stesso il male di farmi cadere in equivoco. Aveva saputo dal buono e carissimo Enrico che tu eri atteso in Montedoro per affari del Consiglio Comunale di cui fai parte. Enrico poi in quel tempo nelle sue lettere gittava sempre delle parole di stizza contro quei tali che tanto male volevano alla casa nostra e che perciò stesso anzi dobbiamo amare di più.

Che cosa doveva io credere ignorando tutto il resto? Giudicami, figlio mio. Di chi il torto? Possibile che questo zio tanto affezionato debba essere lasciato al buio di tutto? ». 26

     


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All'inizio del 1885 mons. Guarino potè, come tanto aveva desiderato, recarsi in casa del nipote Beniamino, a Palermo. Tornato in Messina, dopo una sosta in Caltanissetta e poi in Catania, così scriveva al nipote: « Non so dirti quanto siami riuscito caro e soave rivedere te e la tua cara Concettina. Io vi amo di paterno amore e ti riguardo sempre ad un modo, fanciullino, sulle mie braccia a trastullarti.

      Che vuoi, mio caro figlio? Per noi vecchierelli va sempre così. Non occorre dirti che prego sempre per te e per la tua famiglia, come può pregare un padre assai tenero ed affettuoso.

Di Paolinuccio mio, che dirti? Cotesto fanciullo è entrato così bene nel mio cuore da desiderare di averlo sempre sulle braccia, come Simeone fu felicissimo di ricevere sulle sue il caro bimbo Gesù . Come vorrei ispirargli al primo albore della ragione l'amore alla santità, a Dio, a Maria SS., a S. Giuseppe! Non gli parlerei che della S. Famiglia per imprimerla profondamente nel suo cuore.

Son germi che, gettati bene a tempo, fruttano assai nell'età dello sviluppo. Lo farà la pia Concettina e ne sono sicuro ».27 Così mons. Guarino sapeva santificare gli affetti familiari, sentiti con delicatezza salesiana, per innalzarli alla luce del Signore in strumento di apostolato sacerdotale.

Scrisse il nipote avv. Pietro Guarino: « Egli amò i suoi nipoti e specialmente noi figli di Pietro che eravamo orfani, ma non tolse per noi nulla alla Chiesa e quando morì aggiunse alla sua gloria una nuova corona, perché morì povero e dovemmo sul suo patrimonio privato pagare i suoi debiti ». 28

 

 




18 Archivio Famiglia GuarinoLettera del 24 - 12 - 80



19 Ibid., Lettera del 2-10-84.

 



20 Ibid , Lettera del 20 - 8 - 84.



21 Ibid, Lettera del 25 –11 - 92.



22 Famiglia Guarino, Lettera del 25-11-92.



23 Ibid, Lettera dell'11-11-84. In altra lettera a Beniamino (24-11-84) scriveva: so che pianse a leggerla, ma son lacrime sterili.



24 Ibid., Lettera del 30-12-84.



25 Famiglia Guarino, Lettera del 26-10-1884.



26 Famiglia Guarino, Lettera del 26-10-84.



27 Famiglia Guarino - Lettera del 5-2-85



28 Montedoro, o. c., p 62.






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