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5. Due
Cardinali : Celesia e Guarino
Mai, forse, nella storia
ecclesiastica della Sicilia era accaduto che tre suoi vescovi, e residenti
nell'isola, fossero contemporaneamente insigniti della porpora cardinalizia e,
fatto ancora - 139 -
più straordinario, fossero tra loro legati da sincera,
fraterna amicizia. 29
Tra i Cardinali Celesia,
Dusmet e Guarino correvano infatti rapporti non solo di reciproca stima, ma di
sentita, profonda, cordiale amicizia che li teneva fraternamente concordi nelle
questioni più importanti della vita ecclesiale dell'isola.
Il Celesia e il Dusmet appartenevano allo stesso ordine benedettino ed
avevano percorso le varie tappe della carriera ecclesiastica distinguendosi per
la pietà, lo zelo pastorale, l'abilità nel trattare gli affari più difficili e
nell'accostare le più diverse personalità.
Mons. Celesia (1814-1904)
nominato nel 1860 vescovo di Patti, dopo il cambiamento di regime, si era
rifiutato di prestare giuramento al nuovo governo italiano. Pio IX, che
personalmente lo stimava e gli voleva bene, pare che in quella occasione abbia
detto: il vescovo di Patti non scende a patti.
Nel 1871 fu nominato
arcivescovo di Palermo e nel 1884 ricevette il galero. 30
Il Card. Dusmet (1818-1894)
nel 1867 fu nominato arcivescovo di Catania dove, con mirabili opere di
apostolato e di carità eroica, servì la Chiesa e i poveri fino all'ultimo
respiro. Fu cardinale nel 1888. 31
Mons. Guarino conobbe il
Dusmet quando questi era nell'abbazia di Santa Flavia, presso Caltanissetta, ed
entrò in rapporti con il Celesia quando lo ebbe come arcivescovo a Palermo.
I due prelati stimarono
sempre e ammirarono il Guarino - 140 -
per la sua cultura, la bontà della
vita e del carattere, lo zelo apostolico e lo spirito di carità.
Quando il Celesia fu nominato
Cardinale, il Guarino, a nome dell'episcopato siciliano inviò a lui un
indirizzo di omaggio e un altro di ringraziamento a Pio IX.
Quello al Celesia fu accompagnato dalla seguente lettera confidenziale
che mostra chiaramente quali fossero i rapporti tra i due: « Ho l'onore di
presentare a V. E. Rev.ma una lettera dell'intero episcopato siciliano la quale
viene a contestarle la sua gioia nel lieto avvenimento dell'esaltazione della
E. V. alla sacra porpora.
Confido che con la sua consueta bontà vorrà gradirne i sentimenti e che
in modo speciale vorrà benignamente accogliere la parte attiva che in questo
felice incontro ha dovuto avere il suo antico servitore e figlio in G. C.
Non faccia intanto la meraviglia: non affatto di mia volontà mi son
fatto promotore ed organo di trasmissione della lettera a V. E. e
dell'indirizzo di rendimento di grazie a S. Santità. So benissimo che per tutti
i riguardi è mio l'ultimo posto fra tutti i vescovi della Chiesa di Gesù
Cristo.
Ma Mons. Dusmet da me pregato appena ricevuto il lietissimo annunzio
della Promozione di V. E. declinò recisamente l'iniziativa riversandola su di
me per tante ragioni di delicatezza che seppe affastellare: amico, confratello
di religione, etc. etc. si direbbe, si penserebbe, etc. Come se io fossi nemico
o per lo meno indifferente al grande avvenimento! A buoni conti ci è di buono
che ho potuto avere l'occasione, sebbene lievissima, di contestare a V. E.
ancora una volta la mia immensa ed affettuosa venerazione ».32
Nel gennaio del 1885 per tre
giorni Palermo festeggiò il suo cardinale.
Mons. Guarino, scelto a
rappresentare l'episcopato siciliano, nell'accademia del 25 gennaio, dopo
l'esecuzione di alcuni canti in onore del nuovo porporato, pronunziò il
discorso ufficiale.
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«E siffatta armonia - scrive il can. Vincenzo Ramirez -parve
che trasfusa si fosse nel cuore di Mons. Guarino per erompere poi dolce, varia,
patetica, insinuante di quel labbro che per circa un'ora ci rese estatici a
pendervi, senza trar fiato.
La storia cronologica di
tutti i secoli tratteggiata a sprazzi di vivissima luce non potea entrar più
opportuna ad incarnare la grande verità che scelse a tema del suo dire, che
cioè, la voce del Romano Pontefice sia la vita della cattolica Chiesa.
Impotenti a poter per filo e
per segno dar conto di quello stupendo lavoro ci conforta che, vedendo la luce,
possa da sè mostrare a chiare note come il Guarino avesse dato saggio di sè e
per acume di mente e per profondità di sapere e per squisita bontà di cuore.
Mi
passo di riferire che fragorosi e ripetuti applausi accompagnarono e seguirono
quella simpatica lettura perché voi di leggieri l'argomentate ».33
Mons. Guarino era stato proposto alla S. Sede per l'episcopato da mons. Celesia
e si
considerava suo figlio
spirituale. In una lettera
gli scriveva:
« Non
sa che nella maggioranza i vescovi di Sicilia siam suoi figiuoli, beninteso, io
primogenito? ». 34
Perciò, sin dall'inizio del suo episcopato, si rivolgeva al Celesia in
tante occasioni per chiedergli consigli o sottoporgli certe soluzioni da lui
date a vari problemi pastorali, tenendo presenti gli esempi ricevuti da lui.
« Monsignore
eccellentissiino - gli scriveva pochi giorni dopo il suo ingresso in Siracusa -
molto travaglio ho trovato qui. Per l'amor di Dio preghi per me onde ottenermi
forza e pazienza. In certe congiunture ho innanzi agli occhi l'esempio suo e
procuro di imitare la sua dolcissima, ma ferma longanimità ». 35
Seguì sempre con sincera,
affettuosa partecipazione gli avvenimenti di Palermo e le notizie riguardanti
il Celesia.
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Il 10 ottobre 1885 gli inviava questa lettera: « Questa volta
mi presento a V. E. intimamente commosso. Il nostro comune venerando amico di
Catania, sapendo il grande mio interesse per la di Lei persona mi annunzia che
di quando in quando soffre doloretti alle viscere e capogiri. V. E. per
misericordia di Dio fu liberato da gravissimo pericolo. Deh! voglia per l'amor
di Dio ubbidire al medico, conservi una vita così preziosa! Un viaggetto a
Boccadifalco può benissimo essere supplito da persone che lo rappresentino, ma
la sua vita come potrebbe essere supplita?
No, Eminenza, non dico per
dire, ma prego, supplico, instanter,
instantius, instantissime, con tutta l'anima. Non rigetti la mia preghiera,
la esaudisca: basta quel che ha fatto, ci è più che sufficiente l'esempio che
ci ha dato ed il suo gregge è bene assistito: è tempo ormai di darsi riposo.
Nutro fiducia che vorrà essermi
cortese della sua benigna condiscendenza ».36
Nella corrispondenza
epistolare spesso i due si chiedono e si scambiano notizie sulla salute e
particolarmente vi insiste mons. Guarino che sollecita il Celesia ad avere
riguardo per essa: gli arriva a suggerire, una volta, di non scendere per la
notte di Natale in duomo e di recarsi per le cure termali a Termini Imerese.
Valga per tutte la seguente lettera:
« Il nostro beneficiale Speciale felicemente oggi arrivato, mi ha
procurato il bene della veneratissima sua, ma al tempo stesso mi ha rattristato
per la notizia datami che V. E. sia alquanto sofferente in salute senza meno
per calori eccessivi di Palermo.
Mi
auguro che questa lettera troverà cessati i suoi disturbi viscerali e l'E. V.
rimessa in perfetta sanità. Io, grazie al Signore, meno i soliti antichi reumi,
sto bene e alla casina respiro aure fresche: l'episcopio pei calori in està e
per l'umido in inverno è inabitabile ed è perciò che i miei reumi, sebbene più
sopportabili degli anni antecedenti, si rendono quasi continui. E veramente
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bene applicabile il: levius fit
patientia, etc. di Orazio nell'ode in morte di Quintilio ». 37
Mons. Guarino agiva sempre
in perfetto accordo con il Card. Celesia e lo informava di ogni cosa.
Nel 1884 gli scriveva: « La
Santità di Nostro Signore nell'udienza privata degnossi parlarmi di una nuova
enciclica che sarà presto diretta ai vescovi di Italia nella quale parlasi, fra
le altre cose attuali, dei circoli cattolici.
Posteriormente fui chiamato da mons. Domenico Jacobini, arcivescovo
i.p.i. (Palazzo Vaccari, Via dell'Angelo Custode, 56) il quale mi annunziò
essere stato incaricato a mettersi alla testa dei circoli cattolici ai quali
darebbe un indirizzo per mezzo di un arcivescovo in ogni regione, ai fini di
mantenersi nella loro integrità la fede e le opere di culto cattolico e i buoni
costumi.
Ora mi manda l'annessa lettera ed io nel presentarla originalmente a V.
E. la prego a mettermi in grado di dargli una risposta. Egli ebbe l'incarico
dall'alto. Quando fui chiamato da Lui V. E. non era arrivata a Roma
».38
Con i due benedettini
trattava a volte argomenti interessanti il loro ordine: «Il mondo benedettino
si è aggiustato? domandava un giorno al Celesia. - L'amico nostro Eminentissimo
(Dusmet) mi scrive che me ne parlerà a voce. Soggiunge che il S. Padre con la
sua gran mente pensa cose grandiose: sentiremo come le attueranno. Io penso, se
pure non vado errato, che tutte le varie congregazioni debbano ridursi in una,
abbracciando la riforma cassinese, formare fuori un gran centro di studi sacri
e ridonarci i grandi uomini. Tamquam
minus sapiens questo farei io che sono affezionatissimo ai benedettini e
mezzo benedettino.
Che grande ordine è stato per la Chiesa
in ogni tempo! Che genio fu il gran patriarca! S. Benedetto è uno stupore! La
storia della chiesa è piena dei fasti del grande ordine. Basterebbe
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il famoso abate di Cluny, l'immenso Ildebrando. Non è vero?
39
Tra i due si trattavano
anche argomenti riguardanti la vita della Chiesa siciliana.
Il Celesia volle che mons.
Guarino lo aiutasse nella prima convocazione della Conferenza Episcopale
Siciliana.
In precedenza, a quanto
pare, soltanto una volta, nel 1850, si erano riuniti i vescovi siciliani. Ora,
dopo l'unità d'Italia, anche per suggerimento del Papa, nella penisola si
venivano costituendo le varie conferenze regionali.
I vescovi di Sicilia
temevano che la loro riunione destasse persecuzioni politiche, per il clima di
diffidenza e di sospetto che si era instaurato nell'isola da parte delle
autorità del nuovo stato; inoltre tra i vescovi, dato che mancavano precedenti
esperienze, non circolavano idee chiare.40 Nell'agosto del 1890 il
Guarino venne scelto dai due cardinali come segretario della Conferenza
Episcopale Siciliana ed egli si dedicò al nuovo incarico con molto impegno
anche se tante erano le perplessità sue e degli altri vescovi: conferenze
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a gruppi? Di vescovi viciniori?
Riunioni plenarie o particolari, secondo
competenze o problemi? Bisognava preparare gli argomenti prima o lasciare
libere le discussioni? 41
Il Guarino con il suo senso
pratico propose al Celesia di chiedere ai vescovi l'esposizione scritta dei
principali argomenti che avrebbero voluto discutere; da queste relazioni la
presidenza avrebbe ricavato l'ordine del giorno da trattare minutamente.
La conferenza episcopale si
tenne in Palermo ai primi di aprile del 1891 e le decisioni furono poi
comunicate al clero con una lettera pastorale collettiva (dovuta in parte al
Guarino) del 14 aprile 1891. 42
Come per le conferenze
episcopali così in altre occasioni e per altri problemi, il card. Celesia
chiedeva il parere di mons. Guarino.
Nel 1873, per esempio,
chiese a lui informazioni sulla situazione agrigentina che stava esplodendo
nello scisma di Grotte e in tanti altri gravi episodi.
Mons. Guarino, benché da
tempo lontano, gli tracciò un quadro preciso e gli fornì indicazioni che
dovettero certamente riuscire utili. 43
Il Card.
Celesia fu tra i primi a congratularsi per la porpora cardinalizia con il
Guarino, il quale gli rispose così: «Il suo telegramma mi ha intimamente
commosso.
Certo
è che le emozioni logorano la vita. Ieri all'annunzio della bontà estrema del
S. Padre mi commoveva la festa della città che, senza distinzione di partiti
politici, inneggiava al Papa fra il frastuono delle campane; ma il pensiero
della mia vera indegnità mi rendeva confuso per molte ore e anche per tutta la
notte, senza poter chiudere un occhio. Tra l'altro mi affannava il pensiero
seguente: io alla pari con, gli illustri porporati miei amatissimi padroni di
Palermo e di Catania? Parlo col cuore, come or ora l'ho detto all'Em.mo Dusmet
personalmente.
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La prego di voler benedire il suo
sempre servo e figlio devotissimo ». 44
Dei
tre cardinali siciliani amici il Celesia fu il più longevo perché visse più
degli altri due, più giovani di lui, fino al 1904.
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