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Domenico De Gregorio
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • CAPITOLO V    CARDINALE   DI   S.  ROMANA  CHIESA
    • 7.         Il  Cardinale  Guarino   e il  servo  di  Dio  can.  A. M. Di Francia
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7.         Il  Cardinale  Guarino   e il  servo  di  Dio  can.  A. M. Di Francia

 

       Le relazioni tra il card. Guarino e il servo di Dio can. Annibale M. Di Francia, meritano uno studio attento e documentato come quello che il compianto nostro amico D. Gaetano Dolcimascolo, Servo dei Poveri, dedicò ai rapporti tra i due santi siciliani della carità: il p. Giacomo Cusmano e il can. A. M. Di Francia .57

       Riteniamo però che per l'indole di questo lavoro siano sufficienti le notizie che qui riportiamo.

       Quando mons. Guarino nel 1875 giunse a Messina il Di Francia contava 24 anni, essendo nato nel 1851, e aveva già ricevuto gli ordini minori. Mentre la diocesi aspettava il nuovo pastore, il giovane Annibale pubblicò su La Parola Cattolica un invito alla preghiera:


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 « Se noi sogliamo affrettarci con  preghiere  pubbliche  affinché  il  Signore mandi la pioggia nelle nostre campagne, tanto più dobbiamo fervorosamente pregare Dio che benefichi le vigne delle nostre anime, mediante le cure di un pastore saggio, pieno di divina sapienza . . . Domandiamo con tutto il cuore alla Madonna della S. Lettera, nostra protettrice, un arcivescovo santo e dotto, un uomo di senno, di prudenza e di fortezza e che sia di lei devotissimo . . . Quanto più noi la preghiamo tanto più abbondanti vedremo i frutti della nostra preghiera ». 58

       Il Signore ascoltò questa preghiera mandando in Messina proprio un arcivescovo secondo il profilo tracciato dal giovane chierico Di Francia.

       Da mons. Guarino egli ricevette i tre ordini maggiori. Verso la fine del 1877, essendo malato Pio IX, si diceva in Messina che l'arcivescovo, per un anno, non avrebbe tenuto sacre ordinazioni. Il Di Francia gli scrisse allora una supplica in cui gli manifestava che la « sua unica ambizione era quella di stringere presto nelle mani Gesù Sacramentato e di offrirlo al Padre in isconto delle sue colpe. Ormai ho 27 anni, egli dice, malferma è la mia salute: Dio sa per quanto tempo potrò godermi il sacerdozio! ... ».59

« L'arcivescovo Guarino  - scrive il Vitale - che gli voleva un gran bene per incoraggiarlo e sollevarlo dall'abbattimento con una delle sue amorevoli facezie, risponde al poeta Di Francia a tergo della supplica: Figliuolo benedetto, quanto avete scritto è tutta poesia! » 60

        Il Di Francia fu consacrato sacerdote da mons. Guarino il 16 marzo 1878 nella chiesa del monastero dello Spirito Santo.

       L'incontro provvidenziale con Bartolomeo Garelli spinse D. Bosco a dedicarsi per sempre ai giovani; quello egualmente provvidenziale con il mendicante Francesco Zancone istradò don Annibale alle sue molteplici istituzioni di carità cristiana,


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cominciando dal poverissimo e malfamato quartiere Avignone di Messina.

       Dopo le sue prime esplorazioni di quelle contrade e di quelle genti emarginate si recò dall' arcivescovo e « gli manifestò l'idea di volersi dedicare all'evangelizzazione di quei poveri.

       L'arcivescovo Guarino, mente d'aquila e cuore d'angelo, come il Padre lo chiamava, comprese in un baleno che non si trattava di un'opera comune, ma di un'impresa ispirata e con voce risoluta gli disse: Lei ci vada, ci vada pure e salvi quei poveretti

       Era per il Padre quanto bastava. Il suo vescovo aveva parlato: la volontà del Signore si era manifestata ».61

       Per suggerimento dell'arcivescovo il p. Di Francia, agli inizi, prese con , come coadiutore, il sac. Giuseppe Ciccolo, molto ben introdotto in tutti gli ambienti di Messina, il fratello don Francesco M. Di Francia e il sac. Antonino Muscolino con cui rivolse a tutta la cittadinanza un invito per ottenere aiuti stabili ai poveri del rione Avignone.

       L'arcivescovo fu sempre presente nelle ricorrenze e occasioni piu importanti per appoggiare l'opera del Di Francia che con ammirazione additava sempre all'affetto e al sostegno di tutti.

       Una volta tra quelli che lo salutavano mentre stava partendo per  Roma « scorse la figura stecchita ed emaciata del Padre e additandolo ai presenti disse: Vi raccomando questo Crocifisso!

       Ne aveva tante di amorevolezze quel pio pastore verso il nostro Padre », commenta il padre Vitale.62

       Più volte ed in varie maniere l'arcivescovo gli manifestò la sua stima e il suo affetto e nel 1882 lo nominò canonico statutario della metropolitana ad appena 31 anni.

       Il Di Francia non voleva accettare il canonicato e piangendo lo supplicò perché conferisse ad altri tale onore, ma non fu ascoltato. Un anno dopo mandò per iscritto la sua rinuncia e l'arcivescovo gli rispose così: « Ho letto la sua lettera del 13 corrente e resto inteso delle ragioni per le quali vorrebbe ella rinunciare al suo beneficio. Ammiro sommamente la sua carità nella cura dei poveri. Rammento bene quanto ella mi ha richiamato alla memoria. Ma una circostanza soltanto ha dimenticato la quale parmi essenziale, cioè che quando le conferii l'alto ufficio canonicale mi espose con lacrime tutto ciò che mi ha ora narrato e che io la confortai insinuandole la devozione a S. Giovanni Battista de' Rossi del quale le diedi la medaglia benedetta da S.S. il Papa, il quale santo seppe mirabilmente conciliare la cura delle sue molteplici opere di carità col servizio della chiesa collegiale di S. Maria in Cosmedin, sita in luogo eccentrico dell'immensa Roma, nella quale era canonico. La benedico nel Signore ». 63

Qualche mese dopo mons. Guarino scelse il Di Francia, come detto, per il delicatissimo ufficio di prefetto dei chierici esterni del seminario e di ispettore per l'insegnamento della dottrina cristiana nella città.

Poco dopo l'istituzione della sua prima comunità femminile sorsero dei malintesi tra le suore, il can. Di Francia e la direttrice che, presentatasi all'arcivescovo, era riuscita a carpirne la buona fede. Quando il can. Di Francia gli fece conoscere come stavano effettivamente le cose, l'arcivescovo gli confermò la sua fiducia e lo esortò a continuare.

« Verso la fine del colera del 1887 narra il biografo mons. Guarino fece una visita all'Istituto. Il Padre raccontava che si affacciò al dormitorio femminile, vide un gruppetto di suore e di bambine e incoraggiò tutte, tracciò un gran segno di croce per benedirie dicendo: crescete e moltiplicatevi!

       La fede del Padre gli faceva vedere un lievito di nuova vita per l'opera nella larga benedizione dell'arcivescovo ».64

Tra mons. Guarino e il can. Di Francia correvano relazioni di profonda, vicendevole stima e di affettuosa amicizia. Mons.


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Guarino sostenne moralmente il Di Francia nei momenti più difficili della sua opera e più dolorosi della sua vita, come la malattia del fratello e della madre e «l'acutissima nevrastenia che lo tormentò nel 1892. In questa occasione l'arcivescovo si recò a visitarlo e con le sue dolci parole e paterne benedizioni lo incoraggiò ancora a confidare in una pronta guarigione ». 65

       Qualche mese dopo il can. Di Francia, ancora convalescente, alla notizia dell'elevazione alla porpora del Guarino, scrisse un'ode gratulatoria che gli lesse con enfasi giovanile durante la visita ufficiale del capitolo.66

Il giorno di Tutti i Santi 1893, insieme al vescovo ausiliare mons. D'Alcontres e al vicario generale mons. Basile il card. Guarino indirizzò un appello a tutti i messinesi perchè contribuissero con generosità a sostenere tutte le opere cantative ed assistenziali del Di Francia: « è  tempo oggimai che i poverelli del Cuore di Gesù, ricoverati da quel rev.mo e pio can. Di Francia, ricevano dalla carità cittadina un possibile aiuto nelle misere condizioni in cui si trovano da molti anni.

       Essi non hanno casa per abitarla, mezzi sufficienti per vivere: hanno solamente un buon padre, il can. Di Francia, in lode del quale noi non diciamo parola alcuna perocché sarebbe un volere aggiungere splendore al sole.         Epppure non si conoscono le penurie che ha sofferto. E tutto vi soffre questo buon sacerdote del Signore per sostenere tanta misera gente ivi ricoverata. Sono più di cento orfani e poveri che vivono a peso e cura del suddetto padre Di Francia senza rendite certe, senza mezzi sicuri, e quel che più conta, in epoca di morale decadenza . . .

       Nessuno si negherà di portare la sua pietra, secondo le forze, a quell'immortale edificio del can. Di Francia impiantato a gloria di Dio e a beneficio delle future e crescenti generazioni . . . La nostra città è grande e intende le opere di


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beneficenza ed ama tanto il can. Di Francia e la sua opera di carità paterna! ». 67

Anche durante la sua malattia il card. Guarino, come potè, diede sempre prove di particolare stima e affetto per il can. Di Francia e per la sua opera che venne salvata, in momenti assai difficili per un intervento diretto del Cardinale, sollecitato dal francescano p. Bernardo da Porto Salvo.68

       Il Di Francia fu sempre memore della benevolenza di mons. Guarino e gratissimo all'arcivescovo che lo aveva ben compreso, incoraggiato e sorretto nella sua opera e lo dimostrò particolarmente con il magnifico elogio funebre pronunziato in occasione dei funerali del Guarino.

       Ne tratteggiò la figura e l'opera con esattezza di storico e affetto di figlio. Lo ricordò infatti come padre che freme di tenerezza e d'amore per i suoi figli; pastore che effonde se stesso per le sue pecorelle, principe che regna e governa santamente in mezzo al suo popolo.

       Il devoto e leale atteggiamento riconoscente per mons. Guarino gli costò, come anche al suo successore il p. Vitale, molte e lunghe amarezze con il nuovo arcivescovo D'Arrigo.

« Ma egli come scrivono Papasogli e Taddei seppe pazientemente sopportare il trattamento che l'arcivescovo D'Arrigo usò nei suoi riguardi, tacque e pregò e continuò sempre a venerare in lui il rappresentante di Dio .

Bisogna rilevare che il servo di Dio fu ugualmente fedele al card. Guarino e a Mons. D'Arrigo. E questa fedeltà nasceva esclusivamente da un principio soprannaturale in quanto egli vedeva in ognuno dei due arcivescovi i veri rappresentanti di Dio e della Chiesa.

Se mons. D'Arrigo non seppe capire questo, il motivo va ricercato in una mentalità preconcetta o nell'ambiente che egli stesso si era formato intorno » 69

 




57 Il sac. Gaetano Dolcimascolo, nato a Lercara Friddi il 4-12-1935 morì in un incidente aereo nel cielo di Monrovia (Liberia) il 5-3-1967. Era stato ordinato sacerdote tra i Servi dei poveri del p. Cusmano e si recava in Africa per dedicarsi alle missioni. Scrisse: Sulle relazioni tra il can. A. M. Di Francia e il p. G. Cusmano, Palermo 1965.



58 TUSINO, Non disse mai di no. Ed. Paoline 1966, p. 24.



59 F. VITALE, o.c., p. 60.



60 Ibid.



61 F. VITALE, o.c., p. 70.



62 F. VITALE, o.c., p. 121.



63 Ibid., p. 127 - Lettera del 14-11-83.



64 F. VITALE, o.c., p. 181.



65 F. VITALE, o.c., p. 217.



66 Ibid., p. 231



67 F. VITALE, o.c., p. 231-33.



68 Ibid., p. 269 ss.



69 PAPASOGLI E TADDEI, A. M. Di Francia, c. XXXIV. p. 275.






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