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9. Il
terremoto del 1894
La sera del 16 novembre del 1894, verso le 19, uno spaventoso terremoto
scosse Messina « La terra sobbalzava e tremava sotto una convulsione profonda,
lunga, inaudita».
Un urlo immenso di terrore si levò da tutta la città confondendosi con
il boato prolungato del suolo. « Il vigile pastore - narra il cronista
- atterrito anche egli, non per lui,
ma per i figli suoi, balza dal suo posto, corre alla finestra e guarda: guarda
tremando nella sua angoscia, giù, giù lungo le strade anch'esse mobili come i
palazzi: trema, vorrebbe scendere, vacilla e cade in ginocchio avanti quel Dio
offeso, avanti la Vergine della Sacra Lettera. E quale preghiera volge quel
santo apostolo?
Una, ma breve, intensa. Offre se stesso e la sua vita per il suo
popolo! Se fu esaudito, non è dato a noi saperlo; a noi ci fu dato osservare
che, quantunque lungo il periodo delle scosse, queste, contro ogni previsione,
andarono progressivamente scemando di numero e di intensità ed Egli ci fu tolto
dopo men che tre anni ». 71
In una lettera pastorale scritta per l'occasione e in cui esortava al
ravvedimento, alla pratica delle virtù cristiane e dei sacramenti, il card.
Guarino lasciò forse intravvedere quello che effettivamente passò nella sua
preghiera a Dio e alla Vergine Santa: «
Vi confesso che nella notte fatale del 16 novembre, io credei crollata la
nostra bella e ridente città e sbigottito corsi con ansia alle finestre per
osservare se dai vostri movimenti - 161 -
avessi potuto congetturare enormi
disastri, molto più che si fuggiva all'impazzata e a gran folla.
Ma la nostra carissima Madre Maria ci volle salvi. Rammentatevi che il
movimento della terribile scossa era sempre crescente e quando giunse al
massimo grado della sua veemenza, una mano potente d'un tratto lo arrestò nella
sua corsa. Fu un miracolo della Vergine Maria, fu un'altra prova della
protezione promessa alla nostra città. A lei dunque dobbiamo l'omaggio del
nostro filiale amore e della nostra profonda riconoscenza ».72
Dopo aver affermato che Dio muove le leggi da lui impresse nel creato «
secondo che richiedono la sua Provvidenza nel conservarlo, la sua volontà per
ammonirci e la sua giustizia per punirci » aggiungeva:
« Mi trovo tra di voi da pressoché venti anni
e con dolore ho veduto un frequente avvicendarsi di flagelli: ora la carestia
più desolante, ora l'epidemia funesta del vaiuolo ora il colera distruttore ed
ora altre pubbliche e private calamità.
Ma il flagello testè caduto sul nostro capo è stato il più terribile
fra tutti: in un momento avremmo potuto perire schiacciati dalle rovine.
Però nei vari flagelli ho costantemente osservato che sono stati
preceduti da una crescente incredulità divenuta ormai vezzo di moda per
mostrare grandezza d'animo e spirito forte non soggetto a pregiudizi di
donnicciole e di uomini dappoco: ho veduto largamente diffusa anche tra i
fanciulli, la più ributtante bestemmia, generalizzate le più sordide usure che
sono furti commessi a man salva, inosservati con tanto scandalo i giorni
festivi; ho veduto più frequenti gli odii, le vendette, le calunnie e le
impurità più stomachevoli.
Intanto la Vergine Maria è sempre venuta in nostro soccorso, mutando i
mortiferi castighi in salutari ammonimenti per richiamarci alla diritta via.
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Miei carissimi! Rientriamo in noi stessi e riformiamo i
nostri costumi . . . profittiamo degli avvisi della misericordia di Dio perché
la giustizia non ci fulmini e la faccia finita con noi ».73
Esortava perciò alla penitenza ritenendo il terremoto una punizione ed
un ammonimento dati da Dio per richiamare tutti all'osservanza della sua legge.
Un
anno dopo, nell'anniversario della data
dolorosa scriveva ancora: «
Ancor fremiamo in ricordare quella sera, quando sentimmo con grande rombo
tremare la terra sotto i nostri piedi e balzare gli edifici della nostra città
quasi volessero staccarsi dal suolo e rovesciarsi sopra di noi. Pareva che
tutti saremmo rimasti vittime del castigo di Dio! E tale di certo sarebbe
stato a cagione di tanti peccati e di tanti
scandali che a viso aperto si commettono ogni dì dai cristiani se, come è
piamente da credersi, Colei che tiene il suo sguardo dolcissimo sulla sua e
nostra città, non avesse impetrato dal suo divin Figliuolo che la minaccia
soltanto e non il castigo cadesse su di noi ».
E concludeva quasi presago: « Facciamo che
simili ammonimenti non siano forieri di tremendi castighi riparando alle offese
che abbiamo recato al Signore, con la santità della vita, con l'adempimento dei
propri doveri, col vincere gli umani riguardi, e col mostrarci sempre figliuoli
obbedienti della Cattolica Chiesa ».74
Nei
giorni immediatamente seguenti al terremoto mons. Guarino cercò in tutti i modi
di lenire gli effetti dolorosi specialmente per quanti erano rimasti senza casa
o avevano dovuto abbandonare le proprie abitazioni perché pericolanti.
Scriveva al Card. Celesia, il 21 novembre, quando già le scosse
telluriche erano scemate: « In fretta e furia perché i1 mio terremoto comincia
ora, dopo cessato il flagello. Il prefetto ed il questore vengono continuamente
da me, ieri, questa mattina e torneranno dimani per tutto ciò che occorre
disporre.
Aggiunga tanta gente che non mi lascia fino a notte protratta - 163 -
in
processione, con cerei accesi: chi vuole la benedizione, chi vuole altro, chi
pretende una cosa, chi un'altra! ». 75
Nel 1896, ottenutane facoltà da Leone XIII, trasferì al 16 novembre le
pratiche di pietà che dal terremoto della fine Settecento, si tenevano in città
e diocesi, il 3 febbraio di ogni anno, perché all'antico si aggiungesse il
ricordo del più recente.
Ma in tutta la diocesi si era convinti che il flagello era stato
mitigato e sospeso dalla potenza divina, proprio per la generosa offerta che il
pastore aveva fatto della sua vita per il bene dei suoi fedeli.
Durante il solenne pontificale per le feste giubilari ne parlò
pubblicamente mons. Giovanni Blandini, presenti il Card. Celesia e molti
vescovi della Sicilia: « Ciascun messinese era in doglia allora, ma le doglie
di tutti, qual torrente che s'ingrossa dai rigagnoli che vi sboccano, andavano
a riconcentrarsi nel cuore del loro pastore il quale , si prosternò gemebondo
alla presenza del Signore e gridando dall'intimo del cuore: Parce Domine, parce populo tuo, si
offerse olocausto, per il suo diletto gregge, alla spada della irritata
giustizia dell'Altissimo.
Che hai fatto, ohimè, Pastor generoso? Ti par dunque spediente che tu
solo soccomba perché il tuo popolo sia salvo?
Ecco
la Regina delle misericordie che le lacrime accoglie della città . . . Ecco
l'Angelo cui affissò in Patmos il rapito evangelista gridare: Nolite nocere: Cessi ormai il castigo
dai protetti della Vergine, tutta Santa, cessi dal percuotere coloro per i quali
sull'ara di carità accesissima si è immolato spontaneamente l'Onia di questa
Chiesa ». 76
E il can. A. M. Di Francia, riportando nel suo elogio funebre del
Guarino il brano di mons. Blandini, lo fa seguire da queste parole: «E il
divino flagello si arrestò e parve un prodigio il suo pronto arrestarsi
».77
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