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12. La
morte
Nei primi di luglio del 1897 una grave
polmonite sembrò minacciare la vita del Cardinale, ma la sua forte fibra riuscì
a superarla tanto che il decano, mons. Basile, vicario generale, indisse
pubbliche funzioni di ringraziamento.
Nei giorni seguenti sembrò che tutto
fosse completamente superato e le sue condizioni ritornarono normali, come
potevano essere dopo il colpo del 1895, tanto che fu condotto a respirare aria
più salubre nella villa del conte Marullo, in contrada Trapani.
Il
sabato 11 settembre verso le 14,30 si sentì male e fu messo a letto. Vedendolo
molto abbattuto furono chiamati i medici. Accorsero i dottori Certo, Violato e
Pugliatti senior che constatarono la
gravità del male, dato che era stato colpito da polmonite acuta. Accorsero
anche i canonici Trischitta e D'Arrrigo e gli somministrarono il viatico e
l'olio santo.
Il Cardinale si conservava in perfetta
lucidità e reagiva bene alle cure tanto che riuscì a superare il male.
Ma la sua ora venne la sera del 21
settembre quando le sue condizioni improvvisamente peggiorarono. Erano presenti
il segretario can. Betagh, il parroco Gaetano Bianco, il p. Bernardo da Porto
Salvo.
Dopo aver dato più volte segno di seguire
e di partecipare alle preghiere che si recitavano si spense serenamente verso
le ore 21.
La
notizia, quantunque attesa, destò in Messina e in tutta la Sicilia viva
impressione e profondo cordoglio.
I
giornali di tutte le tendenze pubblicarono rispettosi ed affettuosi necrologi
paragonandolo a S. Carlo Borromeo e al Card. SaNfelice.
La
salma fu trasportata nell'episcopio dove venne allestita la camera ardente.
Chiusa in abiti pontificali nella bara, la sera del 23 settembre in mesto
corteo, venne portata in cattedrale.
I
funerali si celebrarono il 24, presenti tutte le autorità - 169 -
cittadine,
le associazioni cattoliche,
rappresentanze delle diocesi siciliane, dei comuni della provincia e di
Montedoro.
Cantò la messa pontificale mons.
D'Alcontres, già suo vescovo ausiliare, e lesse l'elogio funebre il can. A. M.
Di Francia il quale, tracciatane la biografia, concluse che tutto nel Guarino
era memorabile: « Ah! tutto in quell'uomo è degno di memoria La sua persona, il
suo discorso, il suo sguardo vivo e penetrante, le sue facezie, i suoi savi
consigli, le sue grandi pene morali, le vicende tutte di ventidue anni di
episcopato, le sue molte relazioni coi più grandi personaggi, la sua pietà, il
suo forte e tenero attaccamento al Sommo Pontefice, il suo ardente zelo per la
S. Chiesa, della cui libertà era così geloso da ripetere più volte che
volentieri avrebbe subito il martirio per la santa causa: tutto, tutto in
Guarino è degno di indelebile ricordanza ».
Terminando,
volle anche ricordare la sua eroica sofferenza:
« La corona della gloria dell'Antistite della
Chiesa messinese si era compita. E Dio lo trovò maturo per l'eterno premio.
L'Angelo del dolore gli presentò il calice dell'ultima prova ed egli vi
appressò le labbra e a lenti sorsi lo bevve. Il Redentore divino gli offrì la
croce come ponte di passaggio tra il tempo e l'eternità, tra la terra e il
cielo ed egli se la strinse al cuore e la coperse di lacrime e di baci
».84
La salma, con imponente corteo, fu poi
accompagnata al cimitero di Messina e vi fu tumulata il 25 settembre.
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