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6. I primi studi
« Papà nella nuova residenza (di Bompensieri) - continua il Guarino -
affidò me ed il piccolo fratello Achille alle cure di un cotale D. Diego
Germano che vive ancora ed era nostro maestro ed ajo. Sia per la confidenza che
avessimo con lui, sia perché non avessi compagni, sia perché (e sarà il più
vero a dire) fossi negato allo studio, non profittai nulla affatto nella
grammatica. Sapevo soltanto leggere il solo italiano.
Alcuni di famiglia e precisamente uno zio mio, fratello di papà che
portava lo stesso mio nome, non cessava di dire a mio padre essere inutile
ormai per me ogni dispendio per mandarmi in un seminario ed essere espediente
piuttosto che venissi allettato al traffico di campagna, concedendomi, sin
d'allora, qualcosa di proprio per stuzzicarmi nella molla dell'interesse.
Queste idee allignavano in famiglia ed io ne piangeva dirottamente.
Solo mamà mi confortava. Veder partire mio fratello Pietrino per
Palermo a studiare in compagnia del fratello maggiore Paolino e io rimanere
colà mi era di pena intollerabile e piangeva a tutte le ore. Prometteva che
presso altro maestro avrei studiato, ma non mi giovava.
Credevasi, e così era, che la mia mente fosse ottusa e negata alle
lettere. Frattanto era inquieto, vispo, iracondo e non avea cura di cattivarmi
una buona opinione per essere secondato nei miei desideri.
Iddio fu provvido assai; a tempo opportuno riuscì a mia madre
persuadere mio padre a farmi contento. E l'anno 1837, appena cessato il colera,
quando io contava dieci anni di età, fui mandato in Girgenti in compagnia di
Pietrino e di altro ragazzo più grande, paesano nostro, a studiare.
Non era atto ancora alla scuola del seminario; i primi 15 o 20 giorni
furono impiegati alla scuola di calligrafia e di lettura del latino; passai
indi alla scuola di grammatica italiana e latina presso il sacerdote Gallega
che ora è morto. In quell'anno mutai due maestri e presso il terzo profittai in
modo che traduceva dal latino in italiano le favole di Esopo e l'Eutropio.
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Era però ancora secolare e sebbene
col pensiero fisso al chiericato, pure papà non mi permetteva affatto l'abito
sacro, perché mi diceva essere ragazzo ancora e poter trovare intoppo ad una
libera scelta nell'età matura per naturale verecondia a svestirmi, se mi fossi
trovato chierico » 16 .
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