- 19 -
7. La vestizione clericale
« Accadde che l'anno
1838 prosegue il Guarino
mia madre si
fosse gravemente ammalata. Mio fratello il medico reputò indispensabile
un mutamento d'aria. Tutta la famiglia andammo a svernare in Girgenti, meno di
papà e del fratello maggiore.
Fu questo il punto in cui giudicai poter compiere i miei desideri.
Pregava e ripregava mamà, rispondendo alle difficoltà che mi proponeva sul
diniego di papà. Vedeva i seminaristi come qualcosa di invidiabile e nella mia
mente erano cose sublimi.
Ragazzo
com'era, non capiva che in simili cose facesse mestiere del consiglio del
confessore ed un giorno, di nascosto, presentatomi alla Curia Vescovile,
ottenni licenza scritta di vestir l'abito clericale. Mia madre se ne commosse e
mel permise. Mi affidai all'aiuto del parroco di S. Michele, sac. Formica,
nostro amico, e tra poco vestii l'abito.
Io non ero contento ancora; desiderava la tonsura ed il primo ordine
minore. Nulla ne dissi in famiglia: mi presentai all'esame e fui approvato dal
can. Amodei.
Dovrei narrare qui il lungo dialogo con l'esaminatore che fingeva
temere di approvarmi, sebbene mi avesse fatto tradurre il breviario, perché
avrei potuto rissarmi coi compagni, ricevere percosse ed essere poi obbligato
il vescovo ad assolvere spesso i ragazzi dalla scomunica ».
|