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Domenico De Gregorio
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • CAPITOLO I    LA  FORMAZIONE
    • 7.    La vestizione clericale
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7.    La vestizione clericale

 

« Accadde  che  l'anno  1838  prosegue  il Guarino  mia  madre  si  fosse gravemente ammalata. Mio fratello il medico reputò indispensabile un mutamento d'aria. Tutta la famiglia andammo a svernare in Girgenti, meno di papà e del fratello maggiore.

Fu questo il punto in cui giudicai poter compiere i miei desideri. Pregava e ripregava mamà, rispondendo alle difficoltà che mi proponeva sul diniego di papà. Vedeva i seminaristi come qualcosa di invidiabile e nella mia mente erano cose sublimi.

Ragazzo com'era, non capiva che in simili cose facesse mestiere del consiglio del confessore ed un giorno, di nascosto, presentatomi alla Curia Vescovile, ottenni licenza scritta di vestir l'abito clericale. Mia madre se ne commosse e mel permise. Mi affidai all'aiuto del parroco di S. Michele, sac. Formica, nostro amico, e tra poco vestii l'abito.

Io non ero contento ancora; desiderava la tonsura ed il primo ordine minore. Nulla ne dissi in famiglia: mi presentai all'esame e fui approvato dal can. Amodei.

Dovrei narrare qui il lungo dialogo con l'esaminatore che fingeva temere di approvarmi, sebbene mi avesse fatto tradurre il breviario, perché avrei potuto rissarmi coi compagni, ricevere percosse ed essere poi obbligato il vescovo ad assolvere spesso i ragazzi dalla scomunica ».

 

 




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