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8. Il dialogo con l'esaminatore
Mons. Guarino non lo riporta nelle sue note autobiografiche, ma è
opportuno qui riprenderlo dal citato Numero
Unico dove fu pubblicato, probabilmente, sui ricordi di chi, tante volte,
l'aveva sentito raccontare dal protagonista.
- Tu,
buon ragazzo, gli diceva l'esaminatore, can. Amodei, hai tradotto bene e
risposto con prontezza alle domande; ma io non posso promuoverti agli ordini
minori.
- Ma
se ho tradotto e risposto bene alle domande, perché non mi vuol promuovere?
- Non voglio, nè posso, mio buon figliolo,
perché, da mattina a sera, dovrei stare qui inchiodato a levare scomuniche. Ma
che c'entrano, monsignore mio, le scomuniche?
- Ah!
c'entrano, purtroppo, le scomuniche, perché accoppandoti con i compagni
cadresti in censura e sa quante volte!
- Io
accopparmi con i compagni? Io attaccar brighe? Ella non conosce mia madre che
mi vuol vedere andare sempre solo. E guai a me, se sapesse in me qualche fallo;
certo non mi risparmierebbe delle botte.
La sveltezza del neordinando e la prontezza delle risposte erano
piaciute tanto all'esaminatore che la conversazione si protrasse fino a tarda
sera. E la madre intanto che mai gli aveva permesso di rincasare più tardi
dell'Ave Maria, entrò in gran timore e non si diede pace sino a che non l'ebbe
visto tornare. Ed al primo apparire: Bravo! quella esclamò, tu hai voluto
vestire l'abito di chierico per agire a modo tuo e così dicendo minacciava.
- Deh! Mamma mia, si quieti,
io non ci ho colpa: è stato l'esaminatore che mi ha trattenuto sino ad ora per
darmi questa carta qui. E gliela mostrava.
- Che
ho io da fare di codesta carta? rispose la madre.
- No,
mamà, questa carta vale molto, io la ho ottenuta dopo esame, ed ora posso dirmi
davvero Santa Chiesa.
- E
perché non informarmene prima?
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- Non
credetti prudenza informarla prima per timore che, se non fossi stato
approvato, lei mi avrebbe rimproverato e, quel che sarebbe stato peggio, punito
come negligente.17
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