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4. Diacono e sacerdote
« Avevo già compiuto allora (al tempo dell'ordinazione a suddiacono) il
secondo anno di teologia, sebbene interrotto dalla rivoluzione (del 1848). Fu
fatto invito a chi volesse andare in seminario, annunziando che non si apriva
nelle solite forme, ma si apprestavano le stanze a chi volesse studiare. Fui
sollecito ad aderire con parecchi compagni e tornai a continuare il corso di
teologia.
Per gli altri ordini sacri non aveva altro intoppo che l'età, e quindi,
appena compiuti gli anni 22 pel diaconato, nell'ordinazione di Sitientes del 1849, cioè nella quaresima
di quell'anno, tornai a Caltanissetta e fui ordinato diacono dallo stesso mons.
Stromillo.
Nei tempi di vacanza del seminario servivo la mia parrocchia spiegando
il Vangelo tutte le domeniche e istruendo i fanciulli nella dottrina cristiana
e questo servizio di istruire i fanciulli nel catechismo non intermisi giammai
da giovinetto chierico fino a che venni in Palermo.
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Mons. Stromillo era assai rigoroso sull'età del
sacerdozio, ma pure volle degnarsi di fare eccezione per me, come l'aveva fatta
per altri due antecedentemente e fummo in tutta la diocesi i soli privilegiati.
Appena ordinatomi diacono si degnò raccomandarmi al Santo Padre Pio IX per
dispensarmi l'età del sacerdozio.
E questa l'età dei miei tremendi dolori. La seconda volta che io
funzionavo solennemente da diacono e pieno di gioia maneggiavo il Corpo di Gesù
Cristo nei sacri vasi, mi venne annunziata la condanna a morte del mio
carissimo e venerando zio Domenico, storia che sapete e non occorre ripetere;
dalla quale condanna fu poscia assolto, essendosi trovato innocentissimo. (Si
trattava di imputazione di favoreggiamento a complotti rivoluzionari).
Io mi ammalai allora di febbre gastrica la
quale degenerò in febbre terzana e poi quartana che durò parecchi mesi. Mi
indeboli in modo che il mio stomaco non sosteneva neppure l'acqua e camminava
per le stanze, nei momenti che non potevo stare a letto, appoggiato ad un
bastone. Credevo proprio che non sarei arrivato al sacerdozio.
Ma, venutami da Roma, in tempi così
difficili, mentre ivi regnava la repubblica di Mazzini, la dispensa di 18 mesi
di età per il Sacerdozio (la massima che può accordare il Papa) l'allegrezza
rialzò un poco le mie forze. Pensate voi come mi fossi ridotto dopo mesi di
febbre continua, io che ero sempre debole e macilento! In tal modo mi preparava
Iddio alla sublime dignità di cui indegnissimamente sono vestito.
Appena rimesso un poco mi colpì il Signore con un altro dolore atroce.
Mio fratello Pietrino veniva preso da gravissima e mortale malattia al punto di
prepararmi all'ordinazione e bisognai partire per Caltanissetta mentre per mio
fratello si disponevano i santi sacramenti. Chi ha animo tenero e sensibile
pensi con quale cuore fossi partito io che son martire della mia sensibilità e
che ho avuto per la famiglia una tenerezza immensa.
Però volle il Signore farmi ricevere il sacerdozio con mente
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serena. Mentre inginocchiato ai piedi dell'altare accompagnavo il
Vescovo nelle preghiere sento tirarmi il camice e voltatomi indietro vedo mio
fratello Achille, venuto a corsa a Caltanissetta appositamente per annunziarmi
che Pietrino era fuori pericolo e migliorava. Ringraziai la Provvidenza di Dio
e potei attendere alla sublime cerimonia con pacatezza.
Il giorno 22 settembre 1849 ero già sacerdote. Quel giorno istesso fui
facoltato a confessare uomini e, tornato subito al seminario, confessai
sacerdoti compagni miei ed ebbi pure a confessare maestri miei di teologia e di
altre scienze sacre ».
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