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9. Un decennio di raccoglimento
Così può definirsi il decennio che corre dalla sua rinunzia alla carica
governativa, dopo la soppressione della luogotenenza siciliana (febbraio del
1862), sino alla sua nomina ad arcivescovo di Siracusa (1872).
Il Lauricella nel profilo che traccia del Guarino nelle sue Notizie
storiche del Seminario di Agrigento », così lo riassume: « E fermando sua
dimora in Palermo, ove già era canonico della Costantiniana, diessi con zelo ad
esercitare il ministero sacerdotale: confessare, predicare, corrispondere con
le congregazioni romane che sovente lo richiedevano di parere, riunire in sua
casa il giovane clero fra cui Antonio Casaccio, segretario di mons. Arcivescovo
Naselli, Isidoro Carini, Giacomo Cusmano e trattenersi in discussioni
teologiche e giuridiche: era questa la sua occupazione di tutti i giorni ». 13
Tra questi sacerdoti c'erano anche G. B. Speciale, Antonino Pennino,
Giuseppe Ferrigno, Nunzio Russo e qualche altro.
Scrivendo il 25 gennaio 1886 al Card.
Celesia, a proposito di una estrosità del p. Nunzio Russo, mons. Guarino
raccontava: « Fu troppo ardire del buon Nunzio, ingannato dalla sua santa
fantasia. Io ero solito costà chiamarlo col titolo grazioso insieme e grandioso
di: Ministro e Real Segreteria di Stato. Sa V. E. che spesso convenivano in
casa mia in Palermo parecchi egregi sacerdoti, i quali con somma consolazione
vidi - 40 -
attorno a lei già adulti e canonici. Fra costoro era assiduo il
caro poeta can. Ferrigno a cui davamo tutti argomenti per improvvisar sonetti.
Una sera lo invitai ad un sonetto per descrivere Nunzio Russo. Se quello
scritto esistesse V. E. non potrebbe trattenere le risa: lo descrisse come un
fochista che va appiccando il fuoco alle sue moschettiere e poi scappa via al
largo. Fu bene indovinato! 14
A proposito del Russo, che poi riuscì un
santo sacerdote e un instancabile apostolo di Palermo e della Sicilia,
riportiamo qui un episodio come è narrato dai suoi biografi.
Nel 1867 il p. Nunzio (1841-1906) era così
gravemente ammalato di tifo e di colera che la stessa madre disperava della sua
vita. « Fu allora, come ella più tardi raccontava, che in mezzo ai conforti che
le prodigavano i parenti e gli amici e fra tante esortazioni a ben sperare
ascoltò la parola la quale più che un
conforto era un vaticinio di due sacerdoti che il Signore destinava l'uno, il
can. Giuseppe Guarino ad Angelo della Chiesa di Messina e Cardinale di S. R.
Chiesa e l'altro, il p. Cusmano a rinnovare in mezzo a noi i prodigi di carità
di S. Vincenzo de' Paoli. Costoro - a somiglianza del divino maestro - un
giorno che ella era maggiormente afflitta, le dissero: Noli flere! Non pianga, signora: suo figlio non morrà perché serve
alla Chiesa di Palermo. È storia e fu profezia. Malgrado la violenza del male
che all'occhio della scienza non lasciava nulla a sperare, Iddio ispirava a quei
suoi servi la certezza della guarigione in vista del gran bene che l'infermo
avrebbe dovuto fare alla Chiesa di Palermo ». 15
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« In Palermo -
testimonia il can. Antonino Pennino16 - egli era carissimo ad ogni ceto
di persone. L'arcivescovo Naselli, dell'oratorio di S. Filippo Neri, lo aveva
voluto sempre vicino a sé fino agli ultimi istanti di sua vita, nè avea preso
mai alcuna importante decisione nel governo della diocesi senza aver prima
sentito il parere di lui che era da tutti riconosciuto come dottissimo,
specialmente in diritto canonico. Indi l'illustre arcivescovo e poi Cardinale
Celesia, seguendo le orme del suo predecessore, appena giunto in Palermo,
scelse il Guarino suo primo consigliere per gli affari di curia.
Stimato poi e venerato dalle persone più cospicue del clero attirava a
sè, in modo particolare per le sue attraenti e affabili maniere, i giovani
sacerdoti, molti dei quali scegliendolo a direttore delle loro coscienze ne
frequentavano la casa, lo circondavano di filiali premure ed affetto.
Anche le autorità civili avevano per Guarino riverenza e stima,
essendosi egli manifestato abilissimo ufficiale nel ministero di affari
ecclesiastici dove lottando sempre aveva potuto riparare ingiustizie e tutelare
i diritti conculcati della Chiesa.
Magistrati e persone del foro lo tenevano pure in alta stima e spesso
lo consultavano in materia di diritto ecclesiastico. E così pure per avere
consiglio e direzione accorrevano a lui in gran numero rispettabili famiglie
sicché vedevasi sempre affollato il suo confessionale nella Costantiniana
Basilica della Magione dove egli da canonico recavasi tutti i giorni per la
sacra ufficiatura. Al pergamo poi era sì dolce ed affascinante che veniva
spesso richiesto per ogni genere di predicazione ed ascoltato con immenso
frutto delle anime perché la sua era parola di fuoco, era spada a due tagli che
penetrava i cuori ».
Il nipote, avv.
Pietro Guarino, testimonia che questi dieci anni « erano ricordati da lui come
i migliori della sua vita perché - 42 -
senza avere cura ufficiale di anime
potè dedicarsi liberamente a quelle (ed erano tante) che andavano a lui per
consiglio e per aiuto spirituale . . . Attorno a Lui si strinsero le più elette
intelligenze che avevano conservato la fede in quegli anni luminosi e
burrascosi nei quali in Sicilia il Piemonte diventò Italia ».17
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