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Domenico De Gregorio
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • CAPITOLO  III     ARCIVESCOVO DI SIRACUSA
    • 10.    La  traslazione  a   Messina
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10.    La  traslazione  a   Messina

 

Dopo la morte di Mons. Luigi Natoli, arcivescovo di Messina, correva insistente la voce che dovesse succedergli mons. Guarino.

Pio IX ad un gruppo di messinesi che lo pregavano di scegliere per loro un buon vescovo pare che avesse risposto: «Vi manderò il mio Guarino ».


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Nel giugno del 1875 il card. Giumelli gli scriveva: «Il S. Padre, bramando di provvedere la vacante importantissima sede di Messina, ha volto lo sguardo sulla persona di lei divisando trasferirlo colà dalla sede di Siracusa ed Egli ne lo previene per avere al più presto analoga risposta. È superfluo affatto di rammentarle che nei divisamenti di Sua Santità deve ravvisarsi la mano di Dio; e parimenti è superfluo che io la esorti a non pensare ai suoi disegni, ma al bene che l'augusto Capo della Chiesa visibile ritiene che la S. V. potrà fare in Messina di cui ben si conoscono i bisogni maggiori di qualunque altra sede ». 42

       Quando giunse questa lettera era presente il segretario, can. Betagh, che restò molto impressionato vedendolo improvvisamente impallidire e tremare mentre leggeva.

Il 10 giugno mons. Guarino, così rispondeva: « Ieri 9 del corr. giugno mi arrivava la venerata sua con la quale degnavasi manifestarmi l'alta degnazione della Santità di N. Signore di aver volto lo sguardo sulla indegna persona mia per la provvista della sede arcivescovile di Messina.

       Sebbene avessi lasciato correre ben 24 ore, pure ne tremo ancora ed ho potuto riposare assai poco . . . Il dissesto di questa diocesi, ben noto in queste contrade, l'importanza pel suo sito e le sue esigenze, molto più essendo io nato da uomo onestissimo sì, e di civile condizione, ma non nobile, e soprattutto la viva conoscenza della mia inettitudine ad operare il bene nelle larghe proporzioni che quella diocesi richiede, ha fatto un grande contrasto nel mio povero e debole cuore. D'altra parte ho considerato che dopo tre anni di cure in questa diocesi, che non trovai sicuramente in floride condizioni, ho già potuto cominciare a conoscere bene l'indole delle persone e gli usi e le prave consuetudini (le quali man mano van già gradatamente correggendosi, nonostante la triste condizione dei tempi) e la via che bisogna tenere per condurre le cose a buon termine nei vari comuni, tutti di indole diversa fra loro, nei quali perciò


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bisogna variare di tattica e di modi; e mi sarebbe certo di grave dolore non poter compiere l'opera già cominciata e di dolore ancora più acerbo, lasciare non aperto il seminario, vera base di riforma di una diocesi, perocché, dopo lunghe lotte, non mi è sinora riuscito che rivendicare il fabbricato tratto a sé dal demanio.

       Infine ho avuto presente l'amore grandissimo che questi diocesani mi han mostrato e molto più questi cittadini, ora maggiormente che il governo mi angustia per l'abitazione nell'episcopio e son sicuro della dispiacenza profonda e universale della città all'annunzio novello.

       Tutte queste cose insieme riunite mi han conturbato e confuso in modo da riuscirmi assai difficile dimostrarlo al vivo.

       Però, da vescovo cattolico, non posso debbo avere mai volontà propria. Reputo necessario umiliare all'alta sapienza del Beatissimo Padre queste agitazioni dell'animo mio; ma nell'avergli ripetute volte protestato indeclinabile obbedienza, non l'ho detto per dire, ma perché sento fortissimo e tenace il mio rispettoso attaccamento al Capo visibile della Chiesa. Lasciarmi poi trasportare da motivi che riguardano i miei personali disagi non sarebbe sicuramente operare da cristiano e molto meno da sacerdote.

       Dopo avere intanto rassegnato i motivi delle mie tribolazioni non mi resta che attendere gli oracoli decisivi e supremi del Beatissimo Padre ai cui piedi prego l'E. V. di voler deporre i sensi della mia profonda riconoscenza ed il mio più umile rendimento di grazie per tutta la bontà di cui degnasi farmi grazia senza alcun mio merito ». 43

Il Papa non accolse la richiesta del Guarino e il 2 luglio 1875 firmò le bolle del suo trasferimento a Messina. In Siracusa il dispiacere fu grandissimo. Scriveva La Campana di Catania: « Sono incredibili gli attestati di affetto che mons. Guarino ha ricevuto e riceve dall'intera cittadinanza siracusana


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che vede dipartirsi il suo arcivescovo con quel dolore che sentono i figli nel dividersi dal padre. È questo l'elogio più eloquente che possa farsi a mons. Guarino ».

Prima della partenza per Messina mons. Guarino chiese istruzioni al Card. Antonelli; nella lettera del 9 luglio così gli scriveva:

       « In continuazione della mia precedente con la quale mi permetteva pregarla a darmi istruzioni sul contegno da serbare verso il governo per la mia traslazione a Messina, stimo doveroso umiliare all'alta sua intelligenza quanto vienmi scritto da quel vicario capitolare.

        Lo aveva io pregato a darmi notizie sull'episcopio e, ove fosse sotto sequestro del R. Economato, a prepararmi l'alloggio nel seminario dei chierici. Sul primo mi ha risposto essere chiuso e conservarsi le chiavi dal subeconomo a disposizione del governo. Sull'altro mi ha detto esser prossima la chiusura anche d'ordine del governo e l'argomentano dalle varie investigazioni governative sul numero degli alunni (e sventuratamente non sono che sei o otto) sulla quantità delle rendite, se sia di regio patronato e cose simili.

       Per l'ubbidienza che debbo al Capo della Chiesa e vorrò con l'intimo dell'anima prestargli fino alla morte, a qualunque costo con l'aiuto del Signore, io mi sobbarco volentieri a tutti i sacrifici. Ma ho creduto mio debito rassegnare all'E. V. la posizione attuale per le istruzioni che crederà darmi nella sua illuminata prudenza ». 44

       Il Card. Antonelli il 15 luglio rispose: « In tale stato di cose Ella non ha da cambiar in nulla la sua attitudine, ma deve condursi come ha fatto finora, seguendo nella sua nuova destinazione le stesse istruzioni che le furono date quando fu promossa all'arcivescovado di Siracusa. Non sarebbe poi inopportuno di provarsi a prendere stanza nel seminario allo scopo di


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impedire, se sarà possibile, la chiusura di quell'istituto e rialzarlo dal misero stato attuale.

       È superfluo poi che le accenni che, se ancor questo espediente fallisse per ulteriori vessatorie disposizioni dei governo, le converrà cercarsi alloggio in qualche privata decente abitazione». 45

 




42 Card. Guarino, o. c., p. 20.



43 La Campana, Catania  11-7-1875



44 ASV, Segreteria di Stato, Rub 283, fasc. 3 1. 6 R.



45 ASV, Segreteria di Stato, Rub 283, fasc. 3 1. 6 R.






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