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Domenico De Gregorio Il Card. Giuseppe Guarino IntraText CT - Lettura del testo |
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5. L'episcopio di Messina
Mons. Guarino, soltanto nell'agosto del 1879, potè avere la consegna del palazzo arcivescovile. Ma già da tempo aveva iniziato una controversia giudiziaria per difendere i suoi diritti. Lo stato degli immobili alla consegna era così disastroso che l'arcivescovo richiese si eseguissero i restauri indispensabili. La lite con il subeconomo di Messina si protrasse ancora per molti anni perché all' arcivescovo non solo erano stati sottratti dei locali utili e redditizi, ma anche non si era consegnato in ordine lo stato patrimoniale della mensa. Per il palazzo vescovile dovette anche sostenere continue liti con vari ministeri e particolarmente con quello di Grazia e Giustizia per le spese da lui sostenute. Ne scriveva al nipote: «In Roma farò presentare nuove mie istanze dal deputato sig. Barone Cianciolo, dopo una benigna ministeriale di Giolitti, il quale però non definiva la questione, ma raccomandava all'economo generale di trattarmi benignamente in considerazione delle molte opere fatte nel palazzo ». 23 Per ottenere il riconoscimento e il rimborso delle spese sostenute aveva sperato in un intervento del presidente Armò, per pochi mesi ministro di Grazia e Giustizia, ma non ottenne l'aiuto desiderato. Nel dicembre dello stesso anno scriveva al nipote: « Sono in credito di L. 24.000 (dall'economo generale) ed egli non l'intende comunque Giolitti gli abbia scritto di trattarmi con benignità ». 24 Mentre mons. Guarino lottava per ottenere quanto gli spettava per legge, un nuovo motivo di trepidazione si aggiunse: il municipio di Messina aveva progettato di espropriare il palazzo arcivescovile per trasformarlo in sede dei tribunali. Il 13 dicembre 1884 il sindaco della città gli inviava una lettera in cui, dopo aver parlato della necessità di «concentrare le varie magistrature con quel comodo e decoro che si avvengono all'amministrazione della giustizia» aggiungeva: « Dei disegni e computi esaminati nei vari tempi, quello che otterrebbe il suffragio di tutti i maestri dell'arte, che appagherebbe i voti della magistratura e del foro, dico meglio, il desiderio dell'universale, sarebbe l'adattamento del palazzo arcivescovile con l'assegnarsi alla sede dell'Arcivescovo il fabbricato di S. Andrea Avellino, cangiato in appropriato edificio, salve le indennità per i corpi redditizi spettanti alla mensa vescovile. Prima che si ponga a partita un iniziativa al proposito stimo buon senso conoscere se e quali ostacoli fossero da sorpassarsi; se l'opera sia destinata a compiersi sotto fausto auspicio, quale sarebbe per me e per tutti l'acconsentimento della S. V. Ill.ma e Rev.ma a proporre e gettare le prime basi di una convenzione, onde possano venir conciliati i supremi interessi che attengonsi alla bisogna. Il perché io prego come meglio so e posso la S. V. che sia contenta aprirmi su questo assunto il suo pensiero dandole la quale preghiera spero non essere ripreso di arditezza perché so di qual singolare bontà e prudenza Ella sia. Aggiungo che sarei stato più ritroso ad entrare in quest'argomento se l'espropriazione di una parte del palazzo arcivescovile, quella cioè da occuparsi per il prolungamento della strada Garibaldi, non fosse stata (senza veruna opposizione) legalmente statuita.25 Questa lettera dispiacque moltissimo a mons. Guarino che, inviandone copia al nipote Beniamino, - che era un bravo avvocato - per studiare insieme le vie legali per opporvisi, così gli scriveva: « Che la vita dell'uomo sia milizia ce l'ha detto lo Spirito Santo. Ma che in questi tempi la vita del vescovo sia milizia in continua, aspra guerra l'ho appreso dopo 12 anni di vescovado. Leggi l'annessa del sindaco di Messina arrivatami oggi, appena finito il pranzo, e vedi quale impressione, quale amarezza ho dovuto riceverne. I nervi son sottosopra e per quanto mi raccomandassi a Maria Santissima non arrivo a quietarli. Risponderò l'entrante settimana al sindaco che non sono se non un semplice usufruttuario e però non posso entrare in trattative; che la proprietà è rappresentata dal Papa, capo della Chiesa, e che quindi debba intavolare con la S. Sede le trattative nelle quali io non posso nè debbo intromettermi. L'affare della strada accennato ad arte dal Sindaco investirebbe il Seminario, non il palazzo arcivescovile ». 26 Come, in seguito, scriveva ancora al nipote, pensava di impostare così la difesa dei suoi diritti: « Uno dei doveri degli aventi diritto di patronato sopra un qualsiasi beneficio ecclesiastico imposto dai canoni è la tutela di tutto ciò che al beneficio e al beneficiale appartiene. Da ciò le leggi che impongono al regio economo, rappresentante il regio patronato, di tutelare in tutti i modi e di intervenire coi vescovi, nel sostegno delle cose appartenenti ai vescovadi. Questo palazzo, come dovunque, fu fabbricato dai miei antecessori, dagli antecessori miei riedificato dopo i tremuoti, dai medesimi e da me restaurato. Ma questo non toglie che il regio patrono debba tutelarlo avverso le aggressioni e per canoni e per leggi. Anche il regio procuratore, se faremo causa, dovrà d'ufficio sostenere le parti favorevoli a me essendo parte principale per sostegno dei diritti del R. Patrono, il quale concorre con lo stesso beneficiale a tutelare le cose beneficiarie. Sono leggi. Io, adunque, diedi notizia ufficiale all'economo di cui questa sera mi arriva un officio semplicissimo così concepito: Pregiomi manifestare a S. V. che siami pervenuta la contraddistinta e non trasanderò di adempiere, per quanto so e posso, il mio dovere ». 27 Da varie fonti, intanto, mons. Guarino aveva appreso che il progetto del sindaco non era poi condiviso da tutti i suoi consiglieri e perciò poteva incontrare molte difficoltà. Ne scriveva al nipote: « Quanto sinora abbiamo pensato cade giù, meno di riesaminare se, dovendo stare sempre in guardia di un sindaco abbastanza tenace e di non assonnarmi, convenga prevenire il ministro con rapporto dettagliato. Ho ancora pronta la pianta della città per dimostrare tra l'altro l'eccentricità del sito, aggiungi che, contrariamente a quanto osserva il sindaco, per voto del foro, della magistratura, della città, nessuno dei magistrati, degli avvocati (meno Perrone Paladini, il famoso direttore della Campana della Gancia) nessuno dei procuratori legali, nessuno della magistratura e dei cittadini era sciente dell'insolentissimo progetto, anzi tutti lo sentono con meraviglia e dispetto ». 28 Facendo perciò leva sui dissensi del Consiglio comunale e sullo scontento dei magistrati e chiedendo la tutela e l'intervento del Regio Economato, mons. Guarino riuscì a stornare la minaccia che il sindaco e il suo gruppo avevano fatto balenare sul suo episcopio.
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23 Famiglia Guarino - Lettera del 29-9-1893. 24 Ibid. - Per le controversie giudiziarie furono pubblicate parecchie memorie legali in cui l'arcivescovo dava il contributo della sua vastissima preparazione giuridica. 25 Archivio Famiglia Guarino - De Grazia. Lettera del Sindaco di Messina. 26 Archivio Famiglia Guarino - Di Grazia. Lettera di mons. Guarino 13-12-1884. 27 Ibid., 27-12-1884. 28 Archivio Famiglia Guarino - De Grazia - Lettera di mons. Guarino, 30-12-1884. |
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