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Domenico De Gregorio
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • CAPITOLO IV   ARCIVESCOVO  DI  MESSINA
    • 8.   La  basilica  di  S. Francesco  d'Assisi
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8.   La  basilica  di  S. Francesco  d'Assisi

 

Nel pomeriggio del 21 luglio 1884 un furioso, indomabile incendio distrusse la duecentesca basilica di S. Francesco d'Assisi in Messina, chiesa carissima a tutti i cittadini per il culto alla Vergine Immacolata e per il suo valore artistico e storico.

L'arcivescovo e tutta la città ne furono costernati e in parecchi si diffuse l'impressione che la basilica, data la tristezza dei tempi, non sarebbe più risorta: non si potevano affrontare le immani spese necessarie.

Ma mons. Guarino non si lasciò impressionare dai preventivi nè scoraggiare e abbattere dalle difficoltà: già il 24 luglio lanciava il primo appello ai suoi fedeli:

« Non ho cuore nè forza per parlarvi: ma le mie lacrime


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e il vostro amore vi dicono abbastanza quel che dirvi non saprei. Voi siete stati presenti, avete veduto le fiamme che distrussero la casa della Madre Nostra, dell'amabile Maria Immacolata! E mestieri restaurarla, renderla più maestosa, più bella e più degna della Regina del cielo.

Chi ha cuore per Maria, chi è figlio di Lei, scriva un'offerta. No, miei cari, non è mai ostentazione, ma doverosa pietà, non è mai perduto quel che il figlio dà alla madre sua. Ella ha cuore assai tenero e nobile per gradirlo e assai generoso per rimeritarlo al cento per uno.

Messinesi, miei benamati figliuoli e fratelli, voi siete immersi in un lutto di famiglia; non ho dubitato giammai un istante della vostra tenera ed affettuosa pietà verso Maria e sono lieto d'impromettermi la più splendida riprova in così doloroso incontro ».52

 Qualcuno, come spesso capita in simili circostanze, voleva profittare della sua forza politica e, con demagogiche proposte di utilità pubblica, aveva mosso le autorità governative perché si impossessassero dell'area della basilica per destinarla poi a vari scopi.

Mons. Guarino riuscì a sventare le mine sotterranee e a conservare la chiesa al suo scopo di culto e, anzi, ottenne che le fossero restituiti i chiostri e la cappella di S. Antonio che nel 1864 il demanio aveva affittato a venditori di agrumi e verdure.

Nè l'Arcivescovo si fermò al primo appello: non lasciò occasione per parlarne e ricordare ai fedeli la basilica dell'Immacolata che, per altro, era a tutti molto cara.

Nominate subito delle commissioni per la raccolta dei fondi di cui fu depositario l'abate D'Amico, egli non si diede mai sosta sia per aiutare in ogni modo la questua, sia per esaminare progetti o compiere dei sopralluoghi man mano che i lavori procedevano.

       Il 3 dicembre 1884 scriveva alla nipote Concettina: « La Madonna ci fa sempre grazie grandi ed io ne ebbi una ieri.

      


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Senza l'aiuto speciale di Maria SS.ma non avresti questa mia. Bisognai uscire di casa in carrozza d'affitto per un affare ben grave, ostacolato dal demonio in mille modi da tanto tempo. Trattavasi della riedificazione del distrutto tempio dell'Immacolata. Riuscii ad appianare la difficoltà. Ma, rimesso in via, che avvenne? Rivoltossi senza una plausibile ragione la carrozza interamente, le ruote in aria e il tetto della carrozza al suolo. Avrei dovuto rompermi una gamba almeno, un braccio, le tempie; ma nulla di tutto ciò; io, il mio vicario generale, il domestico ed il cocchiere rimanemmo senza neppure una piccola sgraffiatura. Il fatto avvenne ieri all'una p. m. Avrei dovuto trovarmi capovolto anch'io, ma senza sapere come mi trovai all'impiedi. Dal momento stesso a quest'ora, 7 p. m. ricevo visite di congratulazioni da signore, signori ed ordini ecclesiastici. Appena mi lasciano un momento ora per scriverti ad evitare che le notizie arrivino alterate ». 53

I messinesi risposero ai suoi inviti con generosità ed entusiasmo, almeno in principio. Le commissioni parrocchiali, disposte dall'arcivescovo, raccolsero offerte in denaro, in materiali, in giornate lavorative.

Il comitato per la ricostruzione della chiesa non solo potè realizzare tutti i lavori di ricostruzione della basilica, ma di essi approfittò, intelligentemente, per restituirla alle primitive linee architettoniche deturpate da stucchi e gessi barocchi.

I membri di questo comitato direttivo furono: il prof. Antonino Salinas, il prof. Giuseppe Patricolo, direttore artistico dei monumenti siciliani, il marchese di Cassibile, Francesco Lella Siffredi, Francesco Marullo, principe di Castellaci; direttore dei lavori era l'ing. Pasqualino Mallandrino.

Ma le difficoltà erano ancora molte e le pratiche si rivelarono più lunghe del previsto; i denari non bastavano mai; i fedeli non sempre furono pronti e generosi nel rispondere agli appelli dell'arcivescovo e del comitato.


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In occasione della venuta in Sicilia del Card. Lavigerie per raccogliere fondi per le sue missioni, mons. Guarino così si confidava col Card. Celesia:

« In Sicilia, nelle distrette comuni attuali e nella crisi di tutte le fonti economiche, con sommo dolore, denari non possiamo dargli, ma parole e preghiere ne daremo moltissime.

In Messina p. e. non mi riesce mai strappare una lira dalle tasche altrui! Neppure nel tempo del colera! Non ebbi allora che scarsissime offerte. Tre o quattro famiglie soltanto risposero all'appello. Il resto? Il resto: se la veda l'arcivescovo senza prebenda! Se non avessi ricevuto degli aiuti dall'Episcopato di Sicilia e d'Italia, mi sarei trovato in stupende condizioni! e se verso la fine non mi fosse arrivato l'aiuto del Papa, mi sarei trovato anche peggio del centro del male.

Questa è Messina e credo sian così tutte le città mercantili. Tutti mormorano che non porto a termine i restauri dell'incendiato tempio di S. Francesco: tutti dan consigli e parole per lasciar me solo nel baratro: ma chi dà un centesimo? Fu fatta una mediocre colletta in principio; ma abbiamo bisogno di un centinaio di migliaia di lire; stampo appelli, mando avvisi, spreco il fiato: invano. Solo L. 100 ho ricevuto nel novenario (dell'Immacolata) da un buon cristiano ». 54

Questa lettera sembra un po pessimista ed esagerata perché, nonostante le difficoltà rese più pesanti dall'epidemie e dal colera, le somme approntate dal Guarino e dai messinesi avanzarono di gran lunga quella di cui parlava al Celesia giungendo a superare le L.350.000 e la basilica di S. Francesco risorse più bella: segno eloquentissimo della generosità e della devozione di mons. Guarino e dei messinesi all'Immacolata. 55

 




52 Appello ai messinesi del 24 -7-1884 - Foglio grande a stampa.



53 Archivio Famiglia Guarino - Lettera del  2-12-1884



54 ASDP,  Lettera  al  Celesia  del  7 – 12 - 1883.



55 Nel 1896 un altro incendio distrusse la parrocchiale di Roccafiorita. Mons. Guarino personalmente diede ogni aiuto e spinse tutti i parroci della diocesi a sensibilizzare i fedeli perché i fratelli non restassero senza chiesa, dato che era l'unica del paese. Anche questa risorse.






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