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Domenico De Gregorio
Il Card. Giuseppe Guarino

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  • CAPITOLO IV   ARCIVESCOVO  DI  MESSINA
    • 12. Il  colera  del  1887
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12. Il  colera  del  1887

 

       Durante il ministero pastorale di mons. Guarino varie calamità afflissero la diocesi e specialmente la città di Messina. L'arcivescovo fu sempre in prima fila nel soccorrere, nel confortare, nell'educare.77

Il vaiuolo si diffuse rapidamente nel 1885-86 prima nei paesi rivieraschi e poi nel capoluogo: mons. Guarino in una lettera al Celesia, parla di « una moltitudine  di  poveri lasciata a lui solo, dopo essere  scappati tutti dalla città ». 78

       In quell'occasione egli più volte esortò il clero perché si convincesse la gente a fare eseguire la vaccinazione, a migliorare le condizioni igieniche dei paesi e poi personalmente avvicinò gli ammalati, li aiutò a vivere santamente quella prova e disporsi bene a comparire davanti a Dio.

       Ben più grave fu il colera del 1887. Le prime avvisaglie si ebbero con i primi calori del 1887, come mons. Guarino ne scriveva al Celesia: « Mi scrive mons. Dusmet che il dr. Tommaselli e altri hari definito la malattia colà dominante cholera asiatico, ma che sul numero degli attaccati e dei morti v'hanno esagerazioni; aggiunge che le maggiori vittime si contano tra i soldati arrivati in città da comuni della provincia circondata da acque putride e da stagni.

       E Messina? Messina è stata in palpiti, ma adesso la calma è rientrata in tutti e ciascuno si occupa del proprio traffico e del lavoro. Giorni sono ad un povero catanese sviluppavasi il morbo, arrivato appena in questa stazione della ferrovia; accortesi le guardie lo condussero al lazzaretto ed ivi la notte seguente morì. Ad un secondo catanese i primi sintomi svilupparonsi in un caffè della città, fu tosto accompagnato al lazzaretto e guarì, però è morto il povero messinese destinato dal municipio ad assistere l'uno e l'altro. Questi tre casi non hanno avuto seguito e molto più, perché avvenuti fuori città, la gente è tranquilla.

      


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Però gli emigrati anche del basso popolo arrivano a carovane. Maria SS.ma della Lettera ci preservi. Se saremo incolumi sarà proprio un miracolo della Madre Santissima ». 79

       Il morbo, però, iniziato nell'agosto, dal 10 al 15 settembre assunse proporzioni spaventevoli: in soli cinque giorni le vittime si contavano a migliaia, tanto che la città fu abbandonata da chi poteva rifugiarsi altrove, specialmente nelle campagne, e furono improvvisati ospedali e lazzaretti per accogliere i numerosissimi ammalati.

       Mons. Guarino fu subito preso in un vortice di iniziative: parve si moltiplicasse nelle attività più varie; dalla collaborazione più generosa con le autorità civili alla visita agli ospedali (specialmente quello dei Magazzini Generali dove restava a lungo, ogni giorno, accostandosi agli ammalati e confortandoli o raggiungendoli anche nelle loro case), alla distribuzione dei soccorsi, all'organizzazione delle cucine economiche, alla consegna personale dei medicinali, per gli infermi più diffidenti, sino alla sepoltura dei morti.

       Qualche volta anche lui si sentiva scoraggiato: « In questi tempi la mia piccola testa, divisa a tante cure, manca talvolta di presenza a se stessa. Son solo, sono scappati via vicario, pro-vicario, cancelliere, tutti presi da tale spavento che toglie la ragione. Ma, mancando gli aiuti umani, sovrabbonda la grazia di Dio ed io, faccia per terra, ringrazio Gesù, Maria e Giuseppe della forza e della calma che mi danno. Il male è ancora fiero e passa spesso in tifo, pure mortale. Ieri i casi oltrepassarono i duecento. Torno or ora dal mio giro per la città. È  l'ora 1 p. m. e dalla mezzanotte i casi oltrepassano i 100. Le parrocchie fanno benissimo il loro dovere ». 80

       Nella cronaca delle città italiane L'Osservatore Romano del 18 settembre, da Messina riferiva:

« I giornali liberali scrivono elogiando quell'arcivescovo per la carità e lo zelo da lui spiegati, manifestatosi il brutto


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morbo in quella città. È  ammirevole l'opera cristiana che compie questo santo pastore della Chiesa. Egli gira per i casolari dove sono i malati di colera e li conforta e loro appresta i sacramenti, porgendo un esempio luminoso di vera religione al clero della sua diocesi al quale non tralascia di inculcare di essere pari alla missione che è chiamato ad esercitare ».

       Nel numero del 23 settembre, parlando della morte del prefetto Serpieri, assistito dall'arcivescovo, vi aggiunge « che è sempre l'angelo della carità, il padre sollecito ed affettuoso di tutti ». 81

       Nel numero unico per la traslazione della salma del Card. Guarino in Cattedrale, così  Giuseppe  Gentile  riassume  questa  sua molteplice attività: « Dotte, vibrate pastorali dirama come primo rimedio al clero, ai parroci con le quali inculca di bandire dall'altare e dal pergamo i più sani consigli al popolino per indurlo a sgomberare dalla mente i funesti pregiudizi sulle credute cause dello scoppio e propagazione del morbo letale e perché docile ci si mostri ai suggerimenti della scienza avvalendosi subito dell'opera del medico, anziché nascondere gli infetti e privarli delle cure efficaci.82

      


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Nobili appelli dirige ai ricchi raccomandando vivamente la carità verso i derelitti e soprattutto verso la povertà velata. E dopo ciò chiama a raccolta il suo fedele esercito di sacerdoti e suore e con parole infuocate mostra il desolante spettacolo che affligge il popolo, ricorda i doveri del ministero sacerdotale in tanta sciagura e con la sua benedizione invia ciascuno al proprio posto con la consegna che nulla debba fare arrestare l'impeto santo della carità. Ed egli per primo esegue la consegna pericolosa . . .

Quante volte questi miei occhi non han visto tra la lugubre solitudine delle vie avanzarsi la sua maestosa figura, dimessa nel portamento, afflitta nel volto, addolorata dalle tristi scene vedute, portando dovunque coraggio, sollievo, conforto. Coi suoi fidi compagni dall'alba al tramonto egli correva ad ispezionare il servizio delle parrocchie, delle cucine economiche, degli ospedali, del lazzaretto, correva a scendere le luride soglie di tristi abituri, cucce più degne di animali che di uomini, ove la luce e perfino l'aria erano tolte, correva e distribuiva con parole di speranza e di amore munificenti elemosine . . . Con qual coraggio, con quale premurosa carità egli non si accostava al giaciglio degli appestati, che, lividi e giallastri di volto, scarni, con gli occhi vitrei, con le mani rattrappite, con le membra contorte da spasmodiche convulsioni, destavano pietà, terrore, nausea ». 83

       Un giorno si era recato alle cucine economiche anche per sfatare il pregiudizio del popolino che ne rifiutava le minestre perché credeva che vi si propinasse il veleno per uccidere la gente. Vi incontrò il prefetto di Messina, Achille Serpieri, che si lamentava con lui perché si sentiva male e gli disse:


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- Si riguardi, si metta a letto, perché l'indisposizione non degeneri.

Ventiquattr'ore dopo il prefetto si era aggravato e si tro vava in fin di vita. Mons. Guarino lo seppe, dopo un'intensa giornata di lavoro e di cure prestate agli ammalati, mentre stava per uscire dall'ospedale dei colerosi, volle accorrere subito dal prefetto, lo confortò, gli amministrò i sacramenti e lo dispose a ben morire.84

Un altro testimone oculare, il sac. prof. V. Lilla conferma queste notizie e aggiunge altri particolari: « La sua attività fu veramente prodigiosa, inesauribile e con i parroci rimasti fedeli ai propri doveri sopperiva a tutti i bisogni, a tutte le esigenze della cittadinanza.

Al primo spuntare dell'alba girava tutte le parrocchie infondendo lena ed ardire agli zelanti sacerdoti e con cura veramente apostolica attingeva notizie dei casi più tristi e accorreva dove più gravava la morte, come angelo consolatore, per lenire i mali gravissimi che apportava dappertutto questo terribile morbo ». 85

Mons. Guarino, che durante l'epidemia, insieme ai sacerdoti e alle suore diede tante prove straordinarie di carità verso il prossimo, cessato il morbo, si preoccupò che i suoi fedeli ne ricavassero duratura lezione di vita e indirizzò loro una lettera pastorale in cui, esposta, con molti riferimenti biblici, la dottrina cristiana della sofferenza e della prova come ammonimento, purificazione e castigo da parte di Dio, tra l'altro scriveva:

« Oh! Miei figli carissimi, siamo tutti colpevoli e chi opera il male e chi non l'impedisce; e chi non crede e chi si lascia sedurre; e chi dommatizza l'empietà e chi le corre dietro; e chi si fa persecutore della Chiesa e chi guarda e tace; e chi sparge immondezze e chi le raccoglie; no, non v'ha uno solo che operi veramente il bene ».

       Ma Dio castiga e fa giustizia per offrire misericordia, perciò, aggiungeva mons. Guarino: « Anche nella giustizia Dio non dimentica punto la sua misericordia; anzi vi dirò che non vi ha


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distinzione nè reale nè di semplice nome fra la giustizia e la misericordia; egli adopera la giustizia per incontrarci con la sua misericordia infinita, perché sin dall'eternità ci ha amato e manda i suoi flagelli per ritrarci dalla colpa e ricondurci a Lui ».

       In questa occasione mons. Guarino manifestò tutta l'angoscia che provava in quei giorni terribili per le sofferenze del suo popolo: «Io vi vedea tutte le ore, miei cari figli, e sul letto del dolore e per le vie, smunti in viso, macilenti, fulminati dal terrore e leggeva nelle vostre fronti, la costernazione, lo sgomento, la fame. Non mai vi mostrai l'angoscia che mi struggeva, perché non avrei potuto sollevarvi dal vostro affanno; ma le mie viscere si conturbavano e cadeami il cuore per terra per lo scempio del popol mio! ». 86

La lettera si concludeva con l'elogio e il ringraziamento a sacerdoti, suore, fedeli che si erano distinti nell'opera di carità, per le autorità civili che tanto si erano prodigate in quei tristi giorni e invitava ed esortava ad elevare lodi e ringraziamenti al Signore perché aveva visitato il suo popolo e alla Vergine Santa perché « è per Lei che fu abbreviato il flagello alla sua città, è per lei che fummo salvi e viviamo ». Così nella sua ansia pastorale le occasioni più dolorose non solo offrivano spazi sempre più vasti alla sua carità paterna e alla vita della Chiesa, ma davano possibilità di maggiore incidenza alla sua opera di pastore e di maestro.

Il poeta dialettale Pracitu Cannata, in una canzone siciliana pubblicata dopo il colera, dedica al Guarino questa strofa:

Arresta esenti da l'oscuru obliu

l'arciviscuvu nostru archimandrita

cunfortu di l'onnipossenti Diu.

Fu e sarà lu monsignur Guarinu

beneficu e divinu

balsamu dava a cui niscia di vita

ntra lu ferali morbu infami e reu


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un Carlu Borromeu

paria mmenzu di tanti

malati, e comu un angilu viraci

 a l'animi spiranti

dava cunfortu e paci. 87

 

 

 




77 Sfatando pregiudizi e suggerendo misure igieniche.



78 Mons. Guarino, in questa e in altre occasioni scrisse numerose circolari in tal senso. ASDP - Lettera al Celesia del 2-10-1885.



79 ASDP - Lettera al Celesia del 11-7-1887.



80 ASDP - Lettera al Celesia, non datata, ma di questi giorni del colera.



81 L'Osservatore Romano del 18-9 e del 23-9-1897.



82 La Gazzetta di Messina del 17-8-1887 pubblica una di queste lettere. Più volte lo stesso periodico parla delle attività dell'arcivescovo. Cfr. i numeri del 13 e 22 settembre e del 20 ottobre 1887. Anche prima il Guarino aveva svolto quest'opera di persuasione e di educazione, come scriveva il 5-9-1884: « è  il peccato il vero veleno che inocula la morte nelle nostre vene e attira i flagelli di Dio. Pensare altrimenti, attribuire a veneficio artificiale e procacciato il colera è un errore inventato dal demonio per far sì che da una parte non si alzino le mani al cielo e non si pensi alla penitenza e dall'altra si semini l'odio e non si profitti dei mezzi igienici disposti anche da Dio nell'ordine naturale a preservare al possibile dal morbo micidiale, mezzi che con tanta preveggenza e accorgimento vengono proponendo le autorità alle quali dovremmo le nostre lodi e la nostra riconoscenza. Incombe a voi, rev. Parroci e sacerdoti insinuare queste persuasioni agli illusi e far modo che non trascurino i mezzi spirituali e i naturali e son sicuro che non verrete meno all'ufficio vostro ». Notificazione di mons. Guarino del 5-9-1884.



83 G. GENTILE, Nel colera del 1887: Card. Guarino arcivescovo e archimandrita di Messina. Numero unico del Seminario di Messina per il giubileo episcopale di mons. Guarino. Messina stabilimento tipografico di G. Crupi, Messina 1887, p. 8.

(Questo scritto sarà citato con le parole: Numero unico del Seminario).



84 Cfr. Montedoro, p. 60.



85 Numero unico del Seminario di Messina, o. c., p. 6.



86 Lettera pastorale del 18-11-1887.



87 Li nostri patrioti benemeriti chi nn'aiutaru 'ntra lu culera dell'87. Messina. Stamperia Capra - Foglio volante.






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