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Vittorio Alfieri
Saul

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  • ATTO II
    • Scena prima
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ATTO II

Scena prima
Saul, Abner

SAUL

Bell'alba è questa. In sanguinoso ammanto
oggi non sorge il sole; un felice
prometter parmi. -Oh miei trascorsi tempi!
Deh! dove sete or voi? Mai non si alzava
Saùl nel campo da' tappeti suoi,
che vincitor la sera ricorcarsi
certo non fosse.

 

ABNER

Ed or, perché diffidi,
o re? Tu forse non fiaccasti or dianzi
la filistea baldanza? A questa pugna
quanto più tardi viensi, Abner tel dice,
tanto ne avrai più intera, e nobil palma.

 

SAUL

Abner, oh! quanto in rimirar le umane
cose, diverso ha giovinezza il guardo,
dalla canuta età! Quand' io con fermo
braccio la salda noderosa antenna,
ch'or reggo appena, palleggiava; io pure
mal dubitar sapea...Ma, non ho sola
perduta omai la giovinezza...Ah! meco
fosse pur anco la invincibil destra
d'Iddio possente!...e meco fosse almeno
David, mio prode!

 

ABNER

E chi siam noi? Senz' esso
più non si vince or forse? Ah! non più mai
snudar vorrei, s'io ciò credessi, il brando,
che per trafigger me. David, ch'è prima,
sola cagion d'ogni sventura tua

 

SAUL

Ah! no: deriva ogni sventura mia
da più terribil fonte...E che? celarmi
l' orror vorresti del mio stato? Ah! s'io
padre non fossi, come il son, pur troppo!
di cari figli,...or la vittoria, e il regno,
e la vita vorrei? Precipitoso
già mi sarei fra gli inimici ferri
scagliato io, da gran tempo: avrei già tronca
così la vita orribile, ch'io vivo.
Quanti anni or son, che sul mio labro il riso
non fu visto spuntare? I figli miei,
ch' amo pur tanto, le più volte all'ira
muovonmi il cor, se mi accarezzan...Fero,
impazïente, torbido, adirato
sempre; a me stesso incresco ognora, e altrui;
bramo in pace far guerra, in guerra pace:
entro ogni nappo, ascoso tosco io bevo;
scorgo un nemico, in ogni amico, i molli
tappeti assiri, ispidi dumi al fianco
mi sono; angoscia il breve sonno; i sogni
terror. Che più? chi 'l crederia? spavento
m'è la tromba di guerra; alto spavento
è la tromba a Saùl. Vedi, se è fatta
vedova omai di suo splendor la casa
di Saùl; vedi, se omai Dio sta meco.
E tu, tu stesso, (ah! ben lo sai) talora
a me, qual sei, caldo verace amico,
guerrier, congiunto, e forte duce, e usbergo
di mia gloria tu sembri; e talor, vile
uom menzogner di corte, invido, astuto
nemico, traditore

 

ABNER

Or, che in te stesso
appien tu sei, Saulle, al tuo pensiero,
deh, tu richiama ogni passata cosa!
Ogni tumulto del tuo cor (nol vedi?)
dalla magion di que' profeti tanti,
di Rama egli esce. A te chi ardiva primo
dir, che diviso eri da Dio? l' audace,
torbido, accorto, ambïzioso vecchio,
Samuèl sacerdote; a cui fean eco
le sue ipocrite turbe. A te sul capo
ei lampeggiar vedea con livid' occhio
il regal serto, ch'ei credea già suo.
Già sul bianco suo crin posato quasi
ei sel tenea; quand'ecco, alto concorde
voler del popol d'Israello al vento
spersi ha suoi voti, e un re guerriero ha scelto.
Questo, sol questo, è il tuo delitto. Ei quindi
d'appellarti cessò d'Iddio l'eletto,
tosto ch'esser tu ligio a lui cessasti.
Da pria ciò solo a te sturbava il senno:
coll' inspirato suo parlar compieva
David poi l'opra. In armi egli era prode,
nol niego io, no; ma servo appieno ei sempre
di Samuello; e più all'altar, che al campo
propenso assai: guerrier di braccio egli era,
ma di cor, sacerdote. Il ver dispoglia
d'ogni mentito fregio; il ver conosci.
Io del tuo sangue nasco; ogni tuo lustro
è d'Abner lustro: ma non può innalzarsi
David, no mai, s'ei pria Saùl non calca.

 

SAUL

David?...Io l'odio...Ma, la propria
figlia gli ho pur data in consorte...Ah! tu non sai.-
La voce stessa, la sovrana voce
che giovanetto mi chiamò più notti,
quand'io, privato, oscuro e lungi tanto
stava dal trono e da ogni suo pensiero;
or, da più notti, quella voce istessa
fatta è tremenda, e mi respinge, e tuona
in suon di tempestosa onda mugghiante:
"Esci Saùl; esci Saulle" Il sacro
venerabile aspetto del profeta
che in sogno io vidi già, pria ch'ei mi avesse
manifestato che voleami Dio
re d'Israèl, quel Samuèle, in sogno,
ora in tutt'altro aspetto io lo riveggo.
Io, da profonda cupa orribil valle,
lui su raggiante monte assiso miro:
sta genuflesso Davide a' suoi piedi:
il santo veglio sul capo gli spande
l'unguento del Signor; con l'altra mano,
che lunga lunga ben cento gran cubiti
fino al mio capo estendesi, ei mi strappa
la corona dal crine; e al crin di David
cingerla vuol: ma, il crederesti? David
pietoso in atto a lui si prostra, e niega
riceverla; ed accenna, e piange, e grida,
che a me sul capo ei la riponga...-Oh vista!
Oh David mio! tu dunque obbediente
ancor mi sei? genero ancora? e figlio?
e mio suddito fido? e amico?...Oh rabbia!
Tormi dal capo la corona mia?
Tu che tant' osi, iniquo vecchio, trema...
Chi sei?...Chi n'ebbe anco il pensiero, pera...
Ahi lasso me! ch'io già vaneggio!

ABNER

Pera,
David sol pera: e svaniran con esso,
sogni, sventure, vision, terrori.




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