Parte II
L'altra orazione fu scritta nella
morte di donna Angiola Cimini marchesana della Petrella, la qual valorosa e
saggia donna, nelle conversazioni che 'n quella casa sono onestissime e 'n
buona parte di dotti uomini, così negli atti come ne' ragionamenti
insensibilmente spirava ed ispirava gravissime virtù morali e civili; onde
coloro che vi conversavano erano, senz'avvedersene, portati naturalmente a
riverirla con amore ed amarla con riverenza. Laonde, per trattare con verità e
degnità insieme tal privato argomento: "ch'ella con la sua vita insegnò il
soave-austero della virtù", il Vico vi volle fare sperienza quanto la
dilicatezza de' sensi greci potesse comportare in grande dell'espressioni
romane, e dell'una e dell'altro fusse capace l'italiana favella. Va in una
raccolta in quarto foglio ingegnosamente magnifica, dove le prime lettere di
ciascun autore sono figurate in rame, con emblemi ritruovati dal Vico
ch'alludono al subietto. Vi scrisse l'introduzione il padre don Roberto
Sostegni, canonico lateranense fiorentino, uomo che e per le migliori lettere e
per gli amabilissimi costumi fu la delizia di questa città; nel quale peccando
di troppo l'umor della collera (che fecegli spesso mortali infermità, e
finalmente d'un ascesso fattogli nel fianco destro cagionògli la morte, con
dolore universale di tutti che l'avevano conosciuto), egli l'emendava talmente
con la sapienza che sembrava naturalmente
esser mansuetissimo. Egli dal chiarissimo abate Anton Maria Salvini, di cui era
stato scolare, sapeva di lingue orientali, della greca e molto valeva nella
latina, particolarmente ne' versi; nella toscana componeva con uno stile assai
robusto alla maniera del Casa, e delle lingue viventi, oltre alla francese, ora
fatta quasi comune, era inteso dell'inghilese, tedesca ed anche alquanto della
turchesca; nella prosa era assai raziocinativo ed elegante. Portossi in Napoli
con l'occasione, come pubblicamente per sua bontà il professava, d'aver letto Il Diritto universale, che 'l Vico aveva
mandato al Salvini; onde conobbe ch'in Napoli si coltiva una profonda e severa
letteratura, e 'l Vico fu il primo che volle esso conoscere, con cui contrasse
una stretta corrispondenza, per la quale or esso l'ha onorato di quest'elogio.
Circa questi tempi il signor
conte Gianartico di Porcìa, fratello del signor cardinale Leandro di Porcìa,
chiaro uomo e per letteratura e per nobiltà, avendo disegnato una via da
indirizzarvi con più sicurezza la gioventù nel corso degli studi, sulla vita
letteraria di uomini celebri in erudizione e dottrina; egli tra' napoletani che
ne stimò degni, ch'erano al numero di otto (i quali non si nominano per non
offender altri trallasciati dottissimi, i quali forse non erano venuti alla di
lui cognizione), degnò d'annoverare il Vico, e con orrevolissima lettera
scrittagli da Vinegia, tenendo la via di Roma per lo signor abate Giuseppe
Luigi Esperti, mandò al signor Lorenzo Ciccarelli l'incombenza di
proccurarlagli. Il Vico, tra per la sua modestia e per la sua fortuna, più
volte niegò di volerla scrivere; ma alle replicate gentil'istanze del signor
Ciccarelli finalmente vi si dispose. E, come si vede, scrissela da filosofo;
imperocché meditò nelle cagioni così naturali come morali e nell'occasioni della
fortuna; meditò nelle sue, ch'ebbe fin da fanciullo, o inclinazioni o
avversioni più ad altre spezie di studi ch'ad altre; meditò nell'opportunitadi
o nelle travversie onde fece o ritardò i suoi progressi; meditò, finalmente, in
certi suoi sforzi di alcuni suoi sensi diritti, i quali poi avevangli a
fruttare le riflessioni sulle quali lavorò l'ultima sua opera della Scienza nuova, la qual appruovasse tale
e non altra aver dovuto essere la sua vita letteraria.
Frattanto la Scienza nuova si era già fatta celebre per l'Italia, e
particolarmente in Venezia, il cui signor residente in Napoli di quel tempo
avevasi ritirato tutti gli esemplari ch'erano
rimasti a Felice Mosca, che l'aveva stampata, con ingiognergli che quanti ne
potesse più avere, tutti gli portasse da essolui, per le molte richieste che ne
aveva da quella città, laonde in tre anni era divenuta sì rada che un libretto
di dodici fogli in dodicesimo fu comperato da molti due scudi e ancor di
vantaggio; quando finalmente il Vico riseppe che nella posta, la qual non solea
frequentare, erano lettere a lui indiritte. Di queste una fu del padre Carlo
Lodoli de' Minori osservanti, teologo della serenissima repubblica di Venezia,
che gli avea scritto in data de' 15 di gennaio 1728, la qual si era nella posta
trattenuta presso a sette ordinari.
Con tal lettera egli lo invitava
alla ristampa di cotal libro in Venezia nel seguente tenore:
"Qui in Venezia con
indicibil applauso corre per le mani de' valentuomini il di lei profondissimo
libro de' Princìpi di una Scienza nuova
d'intorno alla natura delle nazioni, e più che 'l van leggendo, più entrano
in ammirazione e stima della vostra mente che l'ha composto. Con le lodi e col
discorso andandosi sempre più diffondendo la
fama, viene più ricercato, e, non trovandosene per città, se ne fa venire da
Napoli qualch'esemplare; ma, riuscendo ciò
troppo incomodo per la lontananza, son entrati in deliberazione alcuni di farla
ristampar in Venezia. Concorrendo ancor io con tal parere, mi è parso proprio
di prenderne innanzi lingua da Vostra Signoria, che è l'autore, prima per
sapere se questo le fosse a grado, poi per veder ancora se avesse alcuna cosa
da aggiungere o da mutare, e se compiacer si volesse benignamente
comunicarmelo."
Avvalorò il padre cotal sua
richiesta con altra acclusa alla sua del signor abate Antonio Conti nobile
veneto, gran metafisico e mattematico, ricco di riposta erudizione e per gli
viaggi letterari salito in alta stima di letteratura appo il Newton, il
Leibnizio ed altri primi dotti della nostra età, e per la sua tragedia del Cesare famoso nell'Italia, nella
Francia, nell'Inghilterra. Il quale, con cortesia eguale a cotanta nobiltà,
dottrina ed erudizione, in data degli 3 di gennaio 1728 così gli scrisse:
"Non poteva Vostra Signoria
illustrissima ritrovare un corrispondente più versato in ogni genere di studi e
più autorevole co' librari di quel che sia il reverendissimo padre Lodoli, che
le offre di far stampare il libro dei Princìpi di una Scienza nuova. Son io
stato un de' primi a leggerlo, a gustarlo e a farlo gustare agli amici miei, i
quali concordemente convengono che dell'italiana favella non abbiamo un libro
che contenga più cose erudite e filosofiche, e queste tutte originali della
spezie loro. Io ne ho mandato un picciolo estratto in Francia per far conoscere
a' francesi che molto può aggiungersi o molto correggersi sull'idee della
cronologia e mitologia, non meno che della morale e della iurisprudenza, sulla
quale hanno tanto studiato. Gl'inglesi saranno obligati a confessare lo stesso
quando vedranno il libro; ma bisogna renderlo più universale con la stampa e
con la comodità del carattere. Vostra Signoria illustrissima è a tempo di
aggiungervi tutto quello stima più a proposito, sia per accrescere l'erudizione
e la dottrina, sia per isviluppare certe idee compendiosamente accennate. Io
consiglierei a mettere alla testa del libro una prefazione ch'esponesse i vari
princìpi delle varie materie che tratta e 'l sistema armonico che da essi
risulta, sino ad estendersi alle cose future, che tutte dipendono dalle leggi
di quell'istoria eterna, della qual è così sublime e così feconda l'idea che ne
ha assegnata."
L'altra lettera, che giaceva pur
alla posta, era del signor conte Gian Artico di Porcìa da noi sopra lodato, che
da' 14 dicembre 1727 li aveva così scritto:
"Mi assicura il padre Lodoli
(che col signor abate Conti riverisce Vostra Signoria e l'un l'altro
l'accertano della stima ben grande che fanno della di lei virtù) che ritroverà
chi stampi la di lei ammirabile opera de' Princìpi
della Scienza nuova. Se Vostra Signoria volesse aggiungervi qualche cosa, è
in pienissima libertà di farlo. Insomma Vostra Signoria ha ora un campo di
poter dilatarsi in tal libro, in cui gli uomini scienziati affermano di capire
da esso molto più di quello si vede espresso e 'l considerano come capo
d'opera. Io me ne congratulo con Vostra Signoria, e l'assicuro che ne ho un
piacer infinito, vedendo che finalmente produzioni di spirito del nerbo e del
fondo di che sono le sue vengon a qualche ora conosciute, e che ad esse non
manca fortuna quando non mancano leggitori di discernimento e di mente."
A' gentil inviti ed autorevoli
conforti di tali e tanti uomini si credette obbligato di acconsentir a cotal
ristampa e di scrivervi l'annotazioni ed aggiunte. E dentro il tempo stesso che
giugnessero in Venezia le prime risposte del Vico, perché, per la cagion sopra
detta, avevano di troppo tardato, il signor abate Antonio Conti, per una
particolar affezione inverso del Vico e le sue cose, l'onorò di quest'altra lettera
in data de' 10 marzo 1728.
"Scrissi due mesi fa una
lettera a Vostra Signoria illustrissima, che le sarà capitata, unita ad
un'altra del reverendissimo padre Lodoli. Non avendo veduto alcuna risposta,
ardisco d'incomodarla di nuovo, premendomi solamente che Vostra Signoria
illustrissima sappia quanto io l'amiro e desidero di profittare de' lumi che
Ella abbondantemente sparse nel suo Principio d'una Nuova Scienza. Appena
ritornato di Francia, io lo lessi con sommo piacere, e mi riuscirono le
scoperte critiche, istoriche e morali non meno nuove che istruttive. Alcuni
vogliono intraprendere la ristampa del medesimo libro ed imprimerlo con
carattere più commodo ed in forma più acconcia. Il padre Lodoli aveva questo
disegno, e mi disse d'averne a Vostra Signoria illustrissima scritto per
suplicarla ad aggiungervi altre disertazioni su la stessa materia o
illustrazione de' capitoli del libro stesso, se per aventura ne avesse fatte.
Il signor conte di Porcìa mandò allo stesso padre Lodoli la Vita che Ella di se stessa compose, e
contiene varie erudizioni spettanti al progresso del sistema istorico e critico
stabilito negli altri suoi libri. Quest'edizione è molto desiderata, e molti
francesi, a' quali ho dato una compendiosa idea del libro istesso, la chiedono con
premura."
Quindi il Vico tanto più si sentì
stimolato a scrivere delle note e commenti a quest'opera. E nel tempo che vi
travagliava, che durò presso a due anni, prima avvenne che il signor conte di
Porcìa, in una occasione la qual non fa qui mestieri narrare, gli scrisse
ch'esso voleva stampar un suo Progetto a'
signori letterati d'Italia più distinti o per l'opere date alla luce delle
stampe o più chiari per rinomea d'erudizione e dottrina, come si è sopra pur
detto, di scriver essi le loro Vite letterarie
sopra una tal sua idea con la quale se ne promuovesse un altro metodo più
accertato e più efficace da profittare nel corso de' suoi studi la gioventù, e
di volervi aggiugnere la sua per saggio, che egli aveva di già mandata, perché,
delle molte che già glien'eran pervenute in potere, questa sembravagli
come di getto caduta sulla forma del suo disegno. Quindi il Vico, il qual aveva
creduto ch'esso la stampasse con le Vite
di tutti ed in mandandogliela aveva professato che si recava a sommo onore
d'esser l'ultimo di tutti in sì gloriosa raccolta, si diede a tutto potere a
scongiurarlo che nol facesse a niun patto del mondo, perché né esso
conseguirebbe il suo fine ed il Vico senza sua colpa sarebbe oppresso
dall'invidia. Ma, con tutto ciò, essendosi il signor conte fermo in tal suo
proponimento, il Vico, oltre di essersene protestato da Roma per una via del
signor abate Giuseppe Luigi Esperti, se ne
protestò altresì da Venezia per altra di esso padre Lodoli, il qual aveva egli
saputo da esso signor conte che vi promoveva la stampa e del di lui Progetto e della Vita di esso Vico; come il padre Calogerà, che l'ha stampato nel
primo tomo della sua Raccolta degli
opuscoli eruditi, l'ha pubblicato al mondo in una lettera al signor
Vallisnieri, che vi tien luogo di prefazione; il quale quanto in ciò ha
favorito il Vico, tanto dispiacer gli ha fatto lo stampatore, il quale con
tanti errori anco ne' luoghi sostanziali n'ha strappazzato la stampa. Or nel
fine del catalogo delle opere del Vico, che va in piedi di essa Vita, si è con
le stampe pubblicato: "Princìpi
d'una Scienza nuova d'intorno alla natura delle nazioni, che si ristampano
con l'Annotazioni dell'autore in
Venezia".
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