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Giovanni Della Casa
Le terze rime

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  • CAPITOLO SOPRA IL FORNO
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CAPITOLO SOPRA IL FORNO


- 695 -


S'io mi levassi un'ora innanzi giorno

E ragionassi insino a mezza notte,

Ancor non loderei ben bene il forno.

Questa è materia da persone dotte:

Chi non ha'n capo del cervello a macco 5

Vadi a sentir lodar le pere cotte.

E perch'io voglio scior la bocca al sacco,

Voi, ch'a questi signor rodete il basto,

Venitemi aiutar, quand'io mi stracco.

D'ogni ben fare il mondo s'è rimasto. 10

Soleva esser giá'l forno un'arte santa,

Ora il mestiero è poco men che guasto.

Perch'oggidí quest'avarizia è tanta,

C'h'ognun vorrebbe infornare a credenza,

E che è, che non è, qualcun ti pianta 15

Mi fanno rinnegar la pazienza

Certi, ch'al primo hanno la pala in mano,

Venga chi vuole o con danari, o senza.

Questo non è mestier da farlo invano:

Chi ha danari, inforni quanto vuole; 20

E chi non ha, dite ch' e' vadi sano.

Tennero il forno giá le donne sole,

Oggi mi par, che certi garzonacci

L 'abbin mandato poco men ch'al sole.

Spazzinlo a posta lor, nessun non vacci: 25

Dican pur ch'egli è umido e mal, netto,

E sonne ben cagion questi fratacci,

Io per me rade volte altrove il metto,

Con tutto ch'il mio pan sia pur piccino,

E'l forno delle donne un po'grandetto.30

Benché chi fa questo mestier divino,


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Sa ben trovar, dove l'hanno nascosto

Colá dirieto un certo fornellino,

Ch'è troppo buon da far le cose arrosto:

Cuocere, come a dir, pasticci e torte, 35

Non si può dir, quanto fa bene e tosto.

E puossi almanco infornar piano e forte

Pur ch' e' non è sì vetriolo e mezzo,

Come questi altri, ch'è proprio una morte.

Come tu 'l tocchi, se ne leva il pezzo:40

Ad ogni poco il fornaio dice, ohi!

Voi non potete mai informare a mezzo.

Ma pure a questo pensateci voi:

Perch'egli è chi si mangia anche il pan crudo:

Ognun faccia a suo modo i fatti suoi. 45

Ch'inforna, doverebbe stare ignudo;

Benché vestito anche infornar si possa,

E per una infornata anch'io non sudo.

La pala poi vuol esser corta e grossa,

Dice la gente ignorante; ma io 50

Non trovo che ragion se l'abbi mossa;

E bench'io dica or contra'l fatto mio,

Perché Soranzo, a non vi dir bugia,

La pala mia non è gran lavorio;

Io credo che bisogni, ch'ella sia 55

Grande e profonda e grossa e larga e lunga,

E s'altro nome ha la geometria:

Perch'io veggio il fornaio che si prolunga,

Per accostarla del forno alle mura,

E Dio vogli anco poi, ch'ella v'aggiunga. 60

Ma sopra tutto la vuol esser dura,

E chi l'adopra gagliardo di schiena,

Che la sappi tener ritta e sicura.

Or io v'ho dato la dottrina piena:


- 697 -


Restami a dir, come s'inforna il pane,65

Come si fa a levar, come si mena.

Se ti bisogna adoperar le mane

A stropicciarlo e rinvenirlo a stento;

Ti so dir io, tu infornerai domane:

Che quando il pane a lievitarsi è lento; 70

Scalda e riscalda a tua posta, non basta:

Perché ci è, diciam noi, poco fermento.

E per contrario s'egli è buona pasta,

Al primo tratto è lievito e gonfiato,

Portalo alla fornaia, che si guasta. 75

Ma se pur fusse qualche sciagurato,

Che levitasse il pane a stento o tedio,

E non avesse fermentofiato,

Ad ogni cosa si trova rimedio.

Un certo vescovaccio ha la ricetta, 80

Ch'amore e crudeltá gli han posto assedio.

E perché vuol del pan tal volta in fretta,

M'è stato detto, che l'ha sempre drieto,

E tienla il suo garzon nella brachetta:

E benché in casa sia molto segreto, 85

Io sento dire un non so che di pesche:

Ma di grazia, Soranzo, state cheto.

Le fornaie non voglion queste tresche,

Che se l'avessero aspettar gl'incanti

Per infornar, per Dio, le starien fresche. 90

Molti di questi giovani galanti

Tenner giá il forno in qualche bella posta,

E si pagava in quel tempo a contanti.

O forno da signor! Fornai a posta!

Ti so dir, che gli offici allor volavano 95

Con l'espedizion bella e composta,

E pensioni, e scudi che fumavano:


- 698 -


Prometton or, finché 'l lor pan si faccia;

E se ne ridon poi come ne 'l càvano.

E ciascheduno strazia, e mena a caccia 100

Il veltro giovinetto a suon di corno;

E com'un che gl'invecchia, a fiume il caccia.

Ma lasciam questo, e ritorniamo al forno:

Diciam, come lo spazzan le maestre

E di sotto e di sopra, intorno intorno. 105

Ell'hanno a posta le belle canestre

Di cenci e pezze, tutte arsiccie e rosse,

A tal servigio apparecchiate e destre.

E vo' mostrare a queste genti grosse,

Con quanto studio se lo tien asciutto 110

Una, che'l pane a questi mi cosse.

La lo lava ben bene, e spazza tutto

Sera e mattina per un ordinario;

E vuol ch'e' non le puta sopra tutto.

E poi si reca in mano il calendario, 115

E guarda molto ben la volta e '1 tondo,

Che '1 corso della luna è sempre vario.

Va ricercando dalla cima al fondo

Perché quel forno, dove piove o fiocca,

Non lo terrebbe asciutto tutto il mondo. 120

Tiengli la notte e 'l chiusa la bocca,

Se la dovesse ben tor del capecchio,

E spesso alla camicia anche l'accocca:

che con tale e fatto apparecchio

La tien quel forno bianco di bucato, 125

Netto come un bacin, come uno specchio;

Dove che l'altre l'han sempre muffato,

Che gli strapiove loro in venti lati,

Affumicato, arsiccio e ismattonato.

Hanno certi fornacci smisurati, 130


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Che si potrebbon domandar fornace

Da cuocervi una regola di frati.

È ver che il forno è sempre mai capace,

Ma pur s'intende acqua e non tempesta:

Perch' alla fine ogni troppo dispiace. 135

S'io mi ricordo bene, a dir mi resta,

Come si mena pe 'l forno la pala,

E poi vi mando a casa, e dovvi festa.

Inforni pian chi lo vuol far con gala:

Perché quando un attende a frugacchiare, 140

Su 'l buon appunto la furia gli cala.

Non è facil cosa l'infornare;

E benché il mondo lo stimi una baia,

Gli ha piú manifattura ch'e' non pare.

Ed ecci tal, ch'ha cotto alle migliaia,145

E non par che ancor ben vi si assetti;

Ma benedetta sia la mia fornaia:

La non vuol mai che chi 'nforna s'affretti:

E perch'ella ha da far talvolta anch'ella,

Vuol ch'io fermi la pala e ch'io l'aspetti; 150

E sempre mai si dimena e favella.

Inver quello infornar fatto alla muta

M'è sempre parso una strana novella.

Poi quando l'opra è presso che compiuta,

Acciò che 'l forno non si raffreddassi, 155

Grida a tutta la casa, aiuta, aiuta:

E se la pala in forno s'imbrattassi,

La ne la cava, e di sua man la netta,

Cosí 'l mestier pulitamente fassi:

Ed or si torce, or alza la gambetta, 160

Perché l'aggiunga meglio in ogni canto:

Che siate un'altra volta benedetta.

Voi, che per infornar piacete tanto,


- 700 -


Che gli altri servidor restano in bianco,

Dite qual cosa di quel mestier santo: 165

Ch'io non ho detto nulla, e sono stanco.

 




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