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Giovanni Della Casa
Le terze rime

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  • CAPITOLO DEL MARTELLO
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- 706 -


CAPITOLO DEL MARTELLO

Tutte le infirmitá d'un ospitale,

Contandovi il francioso e la moria,

Quanto il martel d'amor, non fanno male.

Non è chi sappia dir quel che si sia;

Ma vienti voglia mille volte all'ora 5

Di disperarti e di gittarti via.

Purché ti guardi torto la signora,

Parti aver le budelle in un canestro,

Vatti pur, e confessa allora allora.

Passeggia a santo Gianni, a san Silvestro; 10

Rodesi i guanti un, quand'egli ha martello;

Fermasi or sul piè manco ed or sul destro;

Crucciasi or col compagno, or col fratello;

Fugge gli amici, e sta bizzarro e strano,

Ed è per far del resto del cervello. 15

Ogni altro ragionar è breve e vano,

Sol del suo amor si mette la giornea:

Iddio ne guardi ogni fedel cristiano.

Chiamala or furfantella, or ninfa, or dea:

Corre di qua, di , suda e s'ammazza 20

Per trovarle la mula o la chinea.

In somma questa è una cosa pazza,

Ed io per me l'ho giá piú volte detto,

Che chi non ha martello, in vero sguazza.

Quando altri per dormir è ito al letto 25


- 707 -


Comincia i suoi sospiri a ritrovare,

E beccasi il cervello a bel diletto.

Non lo farebbe 'l sonno addormentare;

E chi contasse allora i suoi pensieri,

Potrebbe annoverar l'onde del mare. 30

Va racconciando insieme i falsi e i veri:

La ragionò col tal, l'andò, la stette:

Quest'è, ch'io non la vidi oggiieri.

Ma sopra tutte l'altre acerbe strette

È quando giostra teco un prete, e cozza: 35

Questo, cred'io, n'ha morti piú di sette.

In strana fortuna ambi n'accozza,

Frate, ch'abbiam piagato ambi il polmone

D'una sol man, cosí foss'ella mozza.

Cavaci la bambagia del giubbone, 40

Ed a contemplazion d'una puttana

Ci toglie amor l'aver e le persone.

Facci aspettar tutt'una settimana,

A disagio impiccati per la gola,

Una vecchia, una balia, una roffiana; 45

Che per averle detto una parola,

Non chiede, ma comanda, e vuol ch'altrui

Mariti or la nipote, or la figliuola.

Sempre ti butta in occhio: - io feci, io fui;

Ben si può dir, Pandolfo mio gentile, 50

Chi s'innamora, o poveretto lui.

So che sapete del ladro sottile,

Che a Giove la barba giá di stoppa

Quando gli beccò su l'esca e 'l focile.

Come caval da spron tocco galoppa, 55

Cosí si crucciò lui quel mariuolo,

Che non era uso di portar in groppa.

Non era ancor la pentola e 'l paiuolo,


- 708 -


Ma crude si mangiavan le vivande:

Tant'avea il padre allor, quanto il figliuolo. 60

Dicono alcun, che si vivea di ghiande;

Facciam pur conto ch'elle fosser pere,

Per non voler or far la cosa grande.

Basta, ch'essi attendevano a godere,

E vivean sempre lieti a la carlona; 65

Quando gli avean mangiato, volean bere.

Non si stava in quel tempo con persona,

Non eracreanzarespetto,

Che la vita non lascian saper buona.

Speranza, sanità, gioia e diletto 70

Si levavano teco la mattina,

E tornavan la sera teco al letto.

Non erasorellacugina;

Si facca d'ogni cosa un guazzabuglio;

Ogni stanza era camera e cucina. 75

Poi che quel trafurel fece garbuglio,

Quel Dio lassú ci mandò freddo e caldo,

E conciò tutti i mali in un mescuglio.

E per fargli piú forti, quel ribaldo

In un vasetto tutti gli ripose, 80

Che d'ogni 'ntorno era serrato e saldo.

Gotte, gomme, dolor, doglie franciose,

Mal di fianco e di stomaco, e la peste,

E la quartana fur le prime cose.

La star con altri poi poser con queste, 85

Non dico giá del nostro cardinale,

Ma con altre persone disoneste.

Affaticarti ben, ed aver male

E non aver un ladro d'un quattrino,

E guardar in cagnesco l'ospitale, 90

Litigar col parente o col vicino,


- 709 -


Partir il patrimonio co' i fratelli,

E mancarti or il pane ed or il vino.

Mastri di casa e mastri di tinelli,

E scrivere e far guardie e cavalcare, 95

E tagliar delle barbe e dei capelli.

Di queste e di mill'altre cose rare

Fu pieno il vaso, come tu dicessi,

Non far piatto la sera, o digiunare,

Non servar cosa che tu promettessi, 100

E mill'altre cosette e zaccherelle,

Che faria noia altrui, s'io le scrivessi.

Poter aver piú tosto delle stelle,

Che un beneficiol ben sciagurato,

E gire a stare a suon di campanelle. 105

Fu il vaso molto ben chiuso e serrato,

E per una saccente messaggiera

Mandato al truffator da Giove irato.

Disse, che un lattovaro dentro v'era:

Com'ei l'aperse, uscir dell'albarello 110

Infermitá, dispetto e doglie a schiera;

Ma il peggior mal di tutti fu il martello.

 




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