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Ludovico Ariosto
La Cassaria

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  • ATTO PRIMO
    • Scena seconda
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Scena seconda

Gianda, Nebbia servi.

 

GIANDA È pur grande, o Nebbia, cotesta pazzia, che tu solo di tutti noi conservi vogli contrastare sempre con Erofilo. E pur ti doveresti accorgere come fin qui t’abbia giovato! Ubidisci, col malanno, o mal o ben che ti commandi: è figliuol del patrone un tratto; et ha, secondo la età, più lungamente a commandarci che il vecchio. Perché vòi tu restare in casa, quando lui vol che tu n’eschi?

 

NEBBIA Se tu in mio loco fussi, così faresti, e forse peggio.

 

GIANDA Potrebbe essere; ma non lo credo già, che non so vedere che ti giovi troppo.

 

NEBBIA Io non debbo fare altrimente.

 

GIANDA E perché?

 

NEBBIA Se me ascolti, io tel dirò.

 

GIANDA T’ascolto, di’.

 

NEBBIA Connosci tu questo ruffiano, che da un mese in qua è venuto in questa vicinanza?

 

GIANDA Connoscolo.

 

NEBBIA Credo che tu gli abbia veduto un paio di bellissime giovane in casa.

 

GIANDA L’ho vedute.

 

NEBBIA De l’una d’esse Erofilo nostro è sì invaghito, che per avere da comperarla venderia se stesso; e ‘l ruffiano, che averne tanto desiderio lo connosce, e che sa che del più ricco uomo di Metellino è figliuolo, li dimanda cento di quel che forse a un altro lasseria per dieci.

 

GIANDA Quanto ne domanda?

 

NEBBIA Non so: so ben che ne domanda gran prezzo; et è tanto che, frustando Erofilo tutti li amici che ha, non ne potrebbe trovare la metade.

 

GIANDA Che potrà fare dunque?

 

NEBBIA Che potrà fare? Danno grandissimo a suo padre e similmente a se medesimo. Credo che abbia adocchiato di saccheggiare il grano, che di dui anni e tre s’ha riserbato insino a questo giorno il vecchio; o sete o lane o altre cose, di che la casa è piena, come tu sai. Suo consiglieri e guida è quel ladro di Volpino. Han longamente questa occasione attesa, che ‘l vecchio sia partito, come ha fatto oggi, per andare a Negroponte. E perché non si veggin le loro trame, non mi vogliono in casa: mi mandano ora a trovare Filostrato, acciò che mi tenga in opera, né ritornarci lassi fin che non abbino essi el lor disegno fornito.

 

GIANDA Che diavol n’hai tu a pigliarti sì gran cura, se ben votassi la casa? Egli del rimanente serà erede, e non tu, bestia.

 

NEBBIA Una bestia sei tu, Gianda, che non hai più discorso che d’un bue. Se Crisobolo ritorna, che fia di me? Non sai tu che, partendo questa mattina, mi consegnò tutte le chiavi di casa, e commandommi, quanto avevo la vita cara, non le dessi a persona, e men di tutti li altri a suo figliuolo; né, per faccenda che potesse accadere, mettessi mai fuor di quella porta piedi? Or vedi come gli ho bene obedito! Non credo che fussi ancor fòr de la porta, che volse le chiavi Erofilo, dicendomi voler cercare d’un suo corno da caccia che aveva smarrito; e così mal mio grado l’ebbe, e forse tu vi ti trovasti.

 

GIANDA Non mi vi trovai già, ma ben sentii sin colà, dove ero, el suono di gran bastonate, che da dieci in su toccasti, prima che dargliene volessi.

 

NEBBIA S’io non gliele dava, credo che m’arebbe morto. Che volevi tu che io facessi?

 

GIANDA Che facessi? Che alla prima richiesta tu gliel’avessi date, e così che al primo cenno fussi con noi altri uscito di casa. Non ti puoi tu sempre scusare col patrone, e narrare per il vero come è andato il fatto? Non connoscerà egli che la etade e condizion tua non è per poter contrastare a un giovane appetitoso de la sorte di Erofilo?

 

NEBBIA Non saprà forse egli tutta la colpa riversarmi adosso? E forse li mancheranno testimoni a suo proposito, sì perché egli è patrone, sì perché tutti in casa mi volete male, per mio demerito non già, ma per tenere la ragione del vecchio, e non comportare che sia rubato?

 

GIANDA Pur per tua mala ventura, che non ti sai fare uno amico.

 

NEBBIA Ma qual altro connosci tu in qual tu voglia casa, che abbi l’offizio che i’ ho, che non sia odiato similmente?

 

GIANDA Perché siete tristi e di pessima condizione tutti; che li patroni in fare elezione di chi abbia a provedere alla famiglia, cercano sempre el peggiore omo che abbino in casa, acciò che de ogni disagio che si patisca, più agevolmente possino sopra voi scaricarsi de la colpa. Ma lassiamo andare. Dimmi un poco: chi è quel giovane che pur dianzi è intrato in casa nostra, che Erofilo onora come sia maggior suo?

 

NEBBIA El figliuol del Bassà di questa terra.

 

GIANDA Come ha nome?

 

NEBBIA Caridoro. Egli ama in casa questo ruffiano l’altra bella giovane; né credo che abbia meglio el modo di Erofilo a comperarla, se non provede di rubar suo padre similmente. Ma guarda, guarda: quella che è su la porta del ruffiano, è la giovine che Erofilo ama; l’altra, che è più fòra ne la strada, è l’amica di Caridoro. Che te ne pare?

 

GIANDA Se così ne paressi alli amanti loro, farebbe el ruffiano ricchissimo guadagno. Ma andiamo; che se sboccasse Erofilo, mal per noi.

 




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