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Ludovico Ariosto
La Cassaria

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  • ATTO PRIMO
    • Scena sesta
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Scena sesta

Lucrano ruffiano, solo.

 

Quando si sente lodar molto e sublimare al cielo o beltà di donna o liberalità di signore o ricchezza o dottrina o simil cose, mai non si può fallare a creder poco, perché venendo alla esperienzia, non sono a gran pezzo mai tante, come ne riporta la fama. Non si può fallare ancora a creder più, quando senti biasimare uno avaro, uno giuntatore, uno ladro e simili vizii, che praticando, maggiori si ritrovano sempre che non si vede di fòri. Io non saprei di questo già render ragione; ma l’effetto per longa esperienzia ne connosco, che de l’uno e de l’altro ho tutto el giorno: pur son de l’uno in più pratica al presente. Mi era detto di fòra che erano in questa terra li più ricchi e liberali giovini, e li più spendenti in femine, che in altro loco di Grecia: io ci ho molto ritrovato ilc ontrario, però che in ogni cosa, fòr che nel vestire, li trovo miserrimi; in quel sì prodighi, che sento che la più parte, a guisa di testudine, porta ciò che gli ha al mondo adosso. Mi viene tutto ‘l a ritrovare or l’uno or l’altro, e chi dice voler comprar questa e chi quella; e quando semo al pagamento mi vorrebbono di scripte pagare, di promesse e di ciancie satisfare. Li denari in altri lochi, fattol mercato, si veggono; qui non so per qual miracolo si spendono invisibili: non però li miei, che s’io vopane o vino o altre cose al viver necessarie, mi convien fare che appaino. Se mi potessi provedere con parole di tal cose, sarei altrimenti contento con parole del vendere el mio. Non fa per me di pigliar moneta che non possa ne’ miei bisogni spendere. Se, come la voglia, mutar si potessino le cose fatte, io non ci vorrei esser mai venuto, che poco più ch’io ci stia e non faccia più frutto di quel che sino a ora ho fatto, mi consumerò quel poco che da Costantinopoli ho portato, dove assai bene è l’arte mia valutomi; e dubito di giungere a tanto, che io mi ci moia di fame. Una sola speranza mi è restata in questo Erofilo mio vicino, amatore de la mia Eulalia, che se così fussi di lei desideroso, come si mostra in apparenza, connosco che solo averia il modo di farmi in effetto una buona paga; ma procede con troppa malizia meco. Sa con che gran spesa e con che poco guadagno io stia qui, e che pochi, se non lui, son per comperare da me alcuna de le mie femine; et anco si pensa ch’io non abbi el modo da potermene levare, e che di giorno in giorno io l’averò meno: e perciò attende che, vinto da la necessitade, io mi riduca a pregarlo che mi dia quel che li pare, e che s’abbi la femina; e se non ci provedo e con pari astuzia mi governo con lui, potrà fare che li riesca el disegno facilmente. Ho pensato fingere di partirmi, e m’è venuto a proposito uno legno che domani o l’altro si partirà per Soria: son stato a parlamento del nolo col patrone per me, per la famiglia e roba mia; e questo ho fatto presenti alcuni che già credo che l’abbino ad Erofilo reportato. Io gli torrò questa credenza che egli ha, che mal mio grado sia constretto a restarmi qui, per non aver modo di levarmene. Et ecco il mio Furba a tempo, che mi serà bono aiuto in questo.

 




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