Scena quinta
Lucrano ruffiano,
Crisobolo, Volpino, Critone
LUCRANO Si fa così a’
forestieri, omo da bene, eh?
CRISOBOLO Si fa così a’
cittadini, ladro, eh?
LUCRANO Non passerà come
tu pensi: me ne dorrò sino al cielo.
CRISOBOLO Io non anderò
già tanto alto a dolermi, ma bene in loco ove la tua scelerità serà punita.
LUCRANO Non ti persuadere,
perch’io sia ruffiano, ch’io non debba essere udito ...
CRISOBOLO Ancora ardisci a
parlare?
LUCRANO E che non abbia
lingua a dire le ragion mie.
CRISOBOLO Cotesta ti farà
il capestro uscire un palmo de la bocca. Che audacia arebbe se in casa nostra
avesse ritrovato il suo?
LUCRANO Porrommi, e farò
porre quanti n’ho in casa al tormento, e farò constare a qual voglia giudice,
che la cassa m’ha data pegno un mercatante per lo prezzo d’una mia femina, come
v’ho già detto.
CRISOBOLO Ancor apri la
bocca, ladron manifesto?
LUCRANO E chi più di te
manifesto, che mi vieni a rubare, e ne meni li testimoni teco?
CRISOBOLO Se non parli
cortesemente, ti farò, giotton ....
CRITONE Non gridar con
questa cicala, che non è convenevole a un par tuo: andiamo. Se tu pretendi che
ti si faccia torto, làssati veder in palazzo domane. Andiamo.
LUCRANO Mi vedrete,
siatene sicuri: non anderà, non, per Dio, come vi credete forse. (Ma or son
troppi, et io son solo: ben ci rivedremo in loco dove non averanno sì gran
vantaggio.)
CRISOBOLO Vedesti voi mai
el più audace e presuntuoso ladro di costui?
CRITONE Non veramente.
Gran ventura hai avuta, Crisobolo, che mi piace.
CRISOBOLO La maggior del
mondo.
CRITONE Vòi altro da noi?
CRISOBOLO Che di me, dove
io possa, vi degnate servirvi. To’, Volpino, quel lume, e ritórnagli a casa.
|