Scena sesta
Fulcio, Volpino,
Critone, Aristippo
FULCIO Vòi ch’io
t’aspetti, Volpino?
VOLPINO Voglio, che ho da
ragionare un pezzo teco.
FULCIO Ritorna presto.
VOLPINO Serò qui sùbito;
ma meglio è che venga tu ancora.
FULCIO Vai lontano?
VOLPINO Vo allato questo
canto, alla prima casa.
FULCIO Verrò anch’io.
VOLPINO Vien, che
torneremo insieme ragionando. Oh diavolo!
FULCIO Che ti rompa ‘l
collo. Che hai tu?
VOLPINO Io son ruinato, io
son disfatto.
FULCIO Che hai de novo?
VOLPINO To’ questo lume,
et accompagna questi gentiluomini a casa. Maladetta la mia sì poca memoria!
FULCIO Tenetelo voi, e
fatevi lume voi stessi, che voglio ciò che di novo a questo pazzo accade
intendere.
CRITONE Bon servitori
tutti dua sète, e cortesi giovini per certo!
ARISTIPPO Converrà che
facciamo come i cavalieri da Napoli, che se dice s’accompagnan l’un l’altro.
FULCIO Che hai tu, bestia?
Che t’è accaduto di fresco?
VOLPINO Ahi lasso! ch’io
ho lassato il Trappola in casa con li panni del mio vecchio indosso, e non mi
son ricordato, prima che arrivi el patron, di correre a dispogliarlo, e
rendergli il suo gabbano, che serrai ne la mia stanza.
FULCIO Ah trascurataccio!
va subito e fallo nascondere, che non lo veda Crisobolo almeno.
VOLPINO Io farò tardi; e
tardi ben son stato, che sento il rumore e ‘l strepito grande.
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