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Ludovico Ariosto
La Cassaria

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  • ATTO QUARTO
    • Scena sesta
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Scena sesta

Fulcio, Volpino, Critone, Aristippo

 

FULCIO Vòi ch’io t’aspetti, Volpino?

 

VOLPINO Voglio, che ho da ragionare un pezzo teco.

 

FULCIO Ritorna presto.

 

VOLPINO Serò qui sùbito; ma meglio è che venga tu ancora.

 

FULCIO Vai lontano?

 

VOLPINO Vo allato questo canto, alla prima casa.

 

FULCIO Verrò anch’io.

 

VOLPINO Vien, che torneremo insieme ragionando. Oh diavolo!

 

FULCIO Che ti rompal collo. Che hai tu?

 

VOLPINO Io son ruinato, io son disfatto.

 

FULCIO Che hai de novo?

 

VOLPINO To’ questo lume, et accompagna questi gentiluomini a casa. Maladetta la mia sì poca memoria!

 

FULCIO Tenetelo voi, e fatevi lume voi stessi, che voglio ciò che di novo a questo pazzo accade intendere.

 

CRITONE Bon servitori tutti dua sète, e cortesi giovini per certo!

 

ARISTIPPO Converrà che facciamo come i cavalieri da Napoli, che se dice s’accompagnan l’un l’altro.

 

FULCIO Che hai tu, bestia? Che t’è accaduto di fresco?

 

VOLPINO Ahi lasso! ch’io ho lassato il Trappola in casa con li panni del mio vecchio indosso, e non mi son ricordato, prima che arrivi el patron, di correre a dispogliarlo, e rendergli il suo gabbano, che serrai ne la mia stanza.

 

FULCIO Ah trascurataccio! va subito e fallo nascondere, che non lo veda Crisobolo almeno.

 

VOLPINO Io farò tardi; e tardi ben son stato, che sento il rumore e ‘l strepito grande.

 




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