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Ludovico Ariosto
La Cassaria

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  • ATTO TERZO
    • Scena terza
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Scena terza

Lucrano ruffiano, Trappola

 

LUCRANO Meglio m’è uscire di casa, che queste cicale m’assordano, mi rompono el capo, m’occidono con ciancie. Voi farete a mio modo sin che vi serò patrone, al vostro marzo dispetto.

 

TRAPPOLA (Li altri hanno i segni di loro arti sul petto, e l’ha costui sul viso!)

 

LUCRANO Quanta superbia, quanta insolenzia han tutte queste gaglioffe puttane! Sempre cercano, sempre studiano di porsi al contrario de’ desiderii tuoi: mai non hanno el cor se non di rubarti, se non di usarti fraude, se non di mandarti in precipizio.

 

TRAPPOLA (Mai non udii alcuno altro lodar meglio una merce che voglia vendere!)

 

LUCRANO Io credo bene, se uno omo avessi tutti li peccati solo, che sono sparsi per tutto el mondo, e che tenessi come me femine a guadagno in vendita, e che tolerar possi la lor pratica senza gridare e bestemiare ogni dì mille volte cielo e terra, più meriterebbe di questa pazienzia sola, che di tutte le astinenzie, di tutte le vigilie, cilici e discipline che sieno al mondo.

 

TRAPPOLA (Credo ben che del tenerle in casa a te sia un purgatorio, a lor misere in starvi sia uno oscurissimo inferno. Ma andiamo inanzi).

 

LUCRANO Costui che vien qua, deve essere pur ora smontato di nave, che si mena drieto el facchino carico.

 

TRAPPOLA – Non può star molto discosto: questa è pur la casa grande, all’incontro de la quale mi è detto che li abita. –

 

LUCRANO Non deve trovar albergo, per quel ch’io sento.

 

TRAPPOLA – Oh veggio a tempo costui, che mi saprà forse chiarire, perché non son qui molto pratico. – Dimmi, omo da bene.

 

LUCRANO Tu dimostri per certo di non esser molto pratico, che m’hai chiamato per un nome, che né a me né a mio padre né ad alcun del sangue mio fu mai più detto.

 

TRAPPOLA Perdonami, che non t’avevo ben mirato: io mi emenderò. Dimmi, tristo omo, d’origine pessima ...; ma, per Dio, tu sei quel forse proprio ch’io cerco, o fratello o cugin suo, o del suo parentado almeno.

 

LUCRANO Potrebbe essere; e chi cerchi tu?

 

TRAPPOLA Un baro, un pergiuro, uno omicidiale.

 

LUCRANO Va piano, che sei per la via di trovarlo. Come è il proprio nome?

 

TRAPPOLA El nome ..., ha nome ..., or or l’avevo in bocca: non so che me n’abbi fatto.

 

LUCRANO O ingiottito o sputato l’hai.

 

TRAPPOLA Sputato l’ho forse, ingiottito no, che cibo di tanto fetore non potrei mandare ne lo stomaco senza vomitarlo poi sùbito.

 

LUCRANO Coglilo adunque de la polvere.

 

TRAPPOLA Ben tel saprò con tanti contrasegni dimostrare, che non serà bisogno che del proprio nome si cerchi: è bestemmiatore e bugiardo.

 

LUCRANO Queste son de le appartenenzie al mio essercizio.

 

TRAPPOLA Ladro, falsamonete, tagliaborse.

 

LUCRANO È forse tristo guadagno saper giocare de terza?

 

TRAPPOLA È ruffiano.

 

LUCRANO La principal de l’arte mia.

 

TRAPPOLA Reportatore, maldicente, seminatore di scandali e di zizanie.

 

LUCRANO Se noi fussimo in corte di Roma, si potria dubitare di chi tu cercassi; ma in Metellino non puoi cercare se non di me, sì che ‘l mio proprio nome ti vo’ ricordare anco: mi chiamo Lucrano.

 

TRAPPOLA Lucrano, sì, sì, Lucrano, col malanno.

 

LUCRANO Che Dio te dia. Son quel proprio che tu cerchi. Che vuoi da me?

 

TRAPPOLA Tu sei quel proprio?

 

LUCRANO Quel proprio. Di’, che vuoi?

 

TRAPPOLA Voglio che prima facci che costui si scarichi in casa tua, e poi dirò perché ti cerco.

 

LUCRANO Va dentro, e ponla colà dove ti pare. Olà, aiutalo a scaricarsi.

 

TRAPPOLA Essendo in Alessandria a questi giorni, lo Ammiraglio, che m’è grande amico e può come patrone commandarmi, mi pregò che, venendo in questa città, come lui sapea che ero per venire di corto, da te comperassi a suo nome una tua giovane che ha nome Eulalia, la bellezza de la quale gli è stata molto da più persone laudata, che te l’hanno veduta in casa; e comperata ch’io l’avessi, per questo suo servitore, che ha mandato meco a posta, gliel’avessi a mandare incontinente. E perché parte questa notte un crippo che fa quella volta, desideroso di servirlo bene e presto, ti son venuto a ritrovare per far teco a una parola il mercato, sì che tu me la dia e che lui la possa inviare subito. Or fammi intendere ciò che ne domandi.

 

LUCRANO È ver che avevo saldato il pregio con un gran ricco di questa terra, che a me doveva tornare domane con denari, e menarsi la femina; tuttavolta, quando...

 

TRAPPOLA Tuttavolta, s’io ti do più, vuoi dire?

 

LUCRANO Tu intendi: questo è il mio offizio, di attendere a chi più mi dà sempre.

 

TRAPPOLA Ma andiamo in casa, perché non mancherò di accordarmi teco per il dovere.

 

LUCRANO Parli benissimo: andiamo dentro.

 




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