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Lapo Gianni
Gentil donna cortese e di bon' are

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Gentil donna cortese e di bon' are,

di cui Amor mi primo servente,

merzé, poi che 'n la mente

vi porto pinta per non obbliare.

Io fui sì tosto servente di voi,

come d'un raggio gentile amoroso

da vostri occhi mi venne uno splendore;

lo qual d'Amor sì mi comprese poi,

che avante a voi sempre fui pauroso,

sì mi cerchiava la temenza il core.

Ma di ciò grazie porto a Lui signore,

che 'l contento di lungo disio,

de la gioi' che sentìo,

la qual mostrò in amoroso cantare.

In tal maniera fece dimostranza

mio cor leggiadro de la gio' che prese,

che in grande orgoglio sovente salìo,

fora scovrendo vostra disnoranza.

Ma poi, riconoscendo com'v' offese,

così folle pensier gittò in oblio:

quando vostro alto intelletto l'udìo.

Sì come il cervo in ver lo cacciatore,

così a voi servidore

tornò, che li degnasti perdonare.

Perdon cherendo a voi umilemente

del fallo, chè scoverto si sentia,

venne subbietto in vista vergognosa,

voi non seguendo la selvaggia gente.

Ma come donna di gran cortesia

perdonanza li feste copïosa.

Ora mi fate vista disdegnosa

e guerra nova in parte comenzate:

ond'i' prego pietate

ed Amor, che vi deggia umiliare.





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