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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO SECONDO
    • XIX - Il Leone e l'Asino a caccia
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XIX - Il Leone e l'Asino a caccia

 

Per celebrare il della sua festa,

il biondo imperator della foresta

fuori alla caccia andò.

Non a caccia di merli e d'usignoli,

ma di cervi, s'intende,

di bei cinghiali e grassi caprioli,

e l'Asino invitò.

 

Ha l'Asino una vocepotente,

che a dieci miglia quasi la si sente;

onde il Leon pensò,

poi che la bestia avea sì buona musica,

di farsene suo pro'.

 

Copre il Messer di lauro e d'altre erbette,

e di ragghiar coverto gli commette,

e l'Asino ragghiò.

Quella voce, che subito risona

e nell'aria terribile rintuona,

le bestie spaventò.

 

Costoro, che non sono abituate

a sentir quella tromba che rimbomba,

dentro la selva fuggon spaventate,

e ad una ad una a seconda che tocca

dentro le zampe cascano

e del Leone in bocca.

Allor superbo l'Asino esclamò:

- Se potesti adunar tanto bottino,

ringraziami, vicino.

- È ver, - rispose il Re della foresta, -

mandasti ragghi proprio della festa,

anzi soggiungerò

che avrei potuto spaventarmi anch'io,

ma ti conosco e tema, grazie a Dio,

degli asini non ho -.

 

Volea la bestia sciocca replicare,

ma tanto non osò,

conoscendo l'umor del suo compare.

E fece bene, io penso,

se al carattere suo si rassegnò:

ché un asino spaccone è un controsenso.

 

 




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