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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO TERZO
    • III - Il Lupo pastore
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III - Il Lupo pastore

 

Un Lupo, che traea poco vantaggio

dalle sue buone pecore vicine,

pensò d'adoperar arti volpine

e di vestirsi in altro personaggio.

 

Indossa d'un pastore il casaccone,

a mo' di verga piglia un bel bastone,

e perché nulla manchi alla bisogna,

si mette intorno al collo una zampogna.

 

Così poteva scriver sul cappello:

“Io son Bortolo, io sono il guardiano”.

E rassomiglia a Bortolo, a pennello,

con quel cappel, con quel bastone in mano.

 

Bortolo, il vero Bortolo, frattanto

dormia tranquillo alla sua greggia accanto,

dormia l'armento, il bel mastin dormiva,

e dormiva sull'erba anche la piva.

 

Il Lupo malandrin, ecco, bel bello

s'accosta, e per poter spinger l'armento

verso la grotta e farne un gran macello,

ricorre ad un cattivo esperimento.

 

Ossia la bestia stupida e feroce

volle aggiungere agli abiti la voce;

ma un tal versaccio od ululo cacciò,

che le selve ed i sassi spaventò.

 

Pastor, pecore, cani, a tanto chiasso

si sveglian tutto a un tratto: e l'imbroglione,

dentro imbrogliato in fondo al casaccone,

difendersi può, né dare un passo.

 

Non v'è furbo che sia furbo abbastanza

in ogni tempo e in ogni circostanza;

chi nasce Lupo ascolti la natura:

faccia il Lupo che è ancor la più sicura.

 

 




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