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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO TERZO
    • VII - L'Ubriacone e la sua donna
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VII - L'Ubriacone e la sua donna

 

Per rimedio o vergogna che gli dài,

l'uom dal suo lato debole

sempre cascar vedrai:

come dimostra l'opportuno esempio,

che alle parole mie non manca mai.

 

Un discepol di Bacco, per il vizio

di bere, era condotto in precipizio.

Salute, ingegno e soldi ed allegria

quell'uom avea distrutto,

come fanno color che a mezza via

hanno già speso tutto.

 

Un giorno che, ben molle di decotto,

tornava a casa traballando e cotto,

la sua donna lo prese e lo serrò

in fondo a un bugigattolo,

dov'egli in braccio al vin si addormentò.

 

Quando si risvegliò, vide... oh spettacolo!

intorno al letto luccicar le fiaccole,

e sopra il letto un gran lenzuolo funebre,

e accanto i cento attrezzi della morte,

ond'io non dico s'ei si spaventò.

 

Camuffata alla foggia d'una furia,

ecco s'avanza la gentil consorte,

adagio, come vanno le fantasime,

a servirgli una broda nera e sordida.

Ah! proprio egli credé

d'esser cascato in casa del diavolo.

 

- Oimè! - gridava, - oimè!

Son io morto davver? chi sei, fantasima?

- Io son la cuciniera dell'inferno,

e porto da mangiare

a quei che stanno in questo loco eterno -.

 

E il buon marito senza giudicare,

grazie al vin, se sian cose false o vere,

- Dimmi, - esclama, - e non porti anche da bere?

 

 




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