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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO TERZO
    • VIII - La Gotta e il Ragno
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VIII - La Gotta e il Ragno

 

Quando il Ragno e la Gotta uscîr di mano

al diavolo, costui disse a costoro:

- L'uno e l'altra sarete al seme umano

un regaletto d'oro.

Andate allegramente e poi pensate

a sceglier casa. Ve ne son di belle,

magnifiche e dorate,

e ve ne son di brutte e rovinate.

Dica ciascun le preferenze sue,

o tiri una pagliuzza... eccone due -.

 

- Per me, - soggiunse il Ragno, - a queste o a quelle

m'adatto e non ci guardo -.

Ma la Gotta che in case di riguardo

osserva un gran via vai di dottoroni,

- No, no, - dice, - alla larga dai portoni -.

E va a piantar, come si dice, il chiodo

nel pollice d'un piede a un pover'uomo,

sperando a questo modo

di starsene sicura come in duomo,

senza fastidi e senza

dottori che le intimin la licenza.

 

Il Ragno intanto, scelta una cornice

di camera elegante,

la sua tela spiegò tutto felice.

Vi piglia mosche e d'altro non si cura,

come se avesse fatta investitura

di starvi vita natural durante.

Ma finita una tela, ecco una bella

scopa che la cancella;

rifatta, ecco di nuovo a sua disdetta

in alto quella scopa maledetta.

 

E dàlli e dàlli, fugge dalla ragna

perseguitata e rotta,

e corre a consolarsi colla Gotta,

che meglio non viveva alla campagna.

Anzi peggio vivea, ché il suo padrone

seco la porta al bosco, ai solchi, al campo.

Tagliar, spaccar, zappare, non c'è scampo

di riposare e dice un zibaldone

che Gotta scossa è assai presto rimossa.

 

- Cangiam, fratel? - Cangiamo! - E detto fatto,

ad abitar va il Ragno a la capanna,

dove scopa non c'è che dia lo sfratto,

e la Gotta pacifica si adagia

sul corpo ad un prelato eminentissimo

come se fosse un letto di bambagia.

In quanto a cataplasmi di speziali,

si sa che son dagli uomini inventati

per trarre in peggio i mali.

Dello scambio dei loro appartamenti

i due fratelli si trovâr contenti.

 

 




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