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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO TERZO
    • XV - Filomela e Progne
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XV - Filomela e Progne

 

Già fu un tempo che la Rondine

la sua casa abbandonò,

e la verde solitudine

della selva ricercò,

dove spiega dolce al vento

l'Usignol il suo concento.

 

- Filomela, - così chiamasi

l'Usignol in vecchio stile, -

della tua dolce sorella

ti ricordi, uccel gentile?

Guarda: son la Rondinella.

 

Son mill'anni che non vieni

a trovarmi, da quel ,

ti sovvieni?

che lasciasti i lidi eolici

per venir sdegnosa qui.

 

Or che cosa intendi fare?

di restare a stancar l'aria

del tuo canto eternamente,

disdegnosa e solitaria?

 

Qui non passan che selvaggi

animali e rozza gente;

il deserto, i sassi, i faggi,

non son fatti per un'anima

così dolce e intelligente.

 

Il tuo canto, se ritorni,

o sorella, alla città,

come già nei lieti giorni

ogni cor stupir farà.

 

Mentre invece questo vivere

solitaria, negli affanni,

in quest'orrido soggiorno,

non può far che porre in mente

il selvaggio,

il nefando orrendo oltraggio,

che Tereo nel bosco un giorno

sul bel corpo ti recò.

Vieni adunque, son mill'anni

che quel tempo ormai passò.

 

- Progne, - disse l'Usignolo, -

se il motivo vuoi sentire

che nei boschi mi trattiene,

il motivo è questo solo:

che l'immagine degli uomini

non farebbe che inasprire

il dolore e la memoria

delle mie passate pene.

 

 




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