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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO QUARTO
    • VIII - L'Uomo e l'Idolo di legno
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VIII - L'Uomo e l'Idolo di legno

 

Possedeva un pagano un Dio di legno,

un Dio di scorza dura,

che avea le orecchie solo per figura,

nel quale ei confidava, ed a tal segno

che gli costava un occhio della testa

a mantenerlo in festa.

Nessun Idol bocconi

mangiò più grassi e buoni,

che l'uom tra i fiori a renderlo propizio

offriva in sacrifizio.

 

Il Dio con tutto ciò non gli procura

fortune, eredità, soldi o regali,

se non di tanto in tanto temporali

sui campi lavorati,

che la borsa al tapino

ancor rende più stretta.

Pur tanta è del buon uomo la speranza,

che al Dio non mancò mai nella disdetta

la solita pietanza.

 

Stanco alfin d'aspettare il poverino,

un , preso un baston, spezza il suo Dio,

e oh! vista! n'esce un fiume di doppione,

di quelle d'oro che dimando anch'io.

 

- L'amor mio non valea dunque un quattrino! -

esclama l'uom devoto a quella vista.

- Va', rassomigli a quella gente trista,

che del cuor non intende la ragione,

ma vuol esser pigliata col bastone -.

 

 




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