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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO SESTO
    • XXI - La Vedovella
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XXI - La Vedovella

 

Non si perde un marito senza pianto

e senza grande schianto di sospiri.

Ma dopo alcuni giri

di sol, col tempo la tristezza vola

e ancor la vedovella si consola.

Dopo un anno la vedova di ieri

non ha di triste che i vestiti neri,

e se prima facea fuggir la gente

col volto sconsolato,

dopo attira più d'uno innamorato.

 

Il morto giace e il vivo si pace,

e per quanto si dica che vi sia

dolor senza conforto,

la credo una bugia.

Aver di ciò potrai prova sincera

in questa favoletta che par vera.

 

A giovin sposa e bella

rapito era il marito dalla morte.

Accanto al letto la fedel consorte,

sentendosi mancare ogni coraggio,

gridava: - Aspetta che ti seguo anch'io...

Con te voglio morir, tesoro mio... -.

Ma il marito fe' solo il gran vïaggio.

 

Il padre, uomo prudente,

lasciò del pianto scorrere il torrente,

poi disse: - O figlia, il pianto ora che giova?

Che importa al morto se tu affoghi il lume

de' begli occhi di pianto in un gran fiume,

mentre vi son dei vivi a questo mondo,

che potrebbero ancor, non dico subito,

ma in tempo più giocondo

cambiar la sorte? Anzi conosco un tale,

bel giovine, ben fatto, assai migliore

del fu tuo sposo...

- Oh ciel! Oh quale orrore! -

interruppe la bella. - In un convento

chiudetemi ove possa le mie pene

raddolcire e dell'animo il tormento -.

Tacque il buon padre e vede che conviene

lasciar che digerisca il suo dolore.

 

Dopo un mese di pianti e di afflizione,

essa prende a mutar qualche gingillo,

o un nastro od uno spillo

al capo, al petto, infin che il suo dolore

in attesa di nuovi cicisbei

divenne una galante occupazione.

 

A piccionaia tornano gli amori,

risa e sollazzi e danze, a poco a poco,

tornano ancora in gioco:

di Giovinezza nella lieta fonte

si tuffa e terge ogni mattin la fronte.

Vedendola di sé tanto sicura,

del morto il padre non ha più paura.

 

Un , mentr'ei tacea dell'argomento,

- E dunque? - ella esclamò, -

dov'è, se mi è permesso,

quel bel marito che tu m'hai promesso?

 

 

Epilogo

 

Poniam all'opra un margine. Le cose

troppo lunghe finiscono in serpenti.

Più che la penna consumar sul tema,

è bello il fiore cogliere dell'arte.

Mi si conceda adunque un piccol fiato

sì ch'io possa accudir ad altre imprese,

ove mi chiama Amor, che di mia vita

è gentile tiranno. Altri mi chiama

a cantar la dolcissima di Psiche

e mestissima storia e vi consento,

sperando che nel suo fuoco divino

a novi canti l'animo s'infiammi.

Felice ancor mi chiamerò, se questa

fia l'estrema fatica, a cui soggetto

mi tien di Psiche il prediletto sposo.

 




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