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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO SETTIMO
    • XV - L'Indovina
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XV - L'Indovina

 

La nominanza è spesso sulle dita

del caso e vien dal caso anche la gloria,

questa è l'antica istoria

di tutti i tempi, ove raggiri e cabale

e pregiudizi reggono la vita.

 

Non c'è rimedio, il meno è la giustizia

a questo mondo, e a guisa di torrente

scorron le cose irreparabilmente.

 

Una donna facea la pitonessa

a Parigi e la gente affascinata

correva per qualunque buccicata

a consultare la sacerdotessa.

 

Chi perdeva uno spillo od un amante,

chi voleva sbrigarsi d'un eterno

marito, una gelosa ed altre tante

e tanti, o chi volea strappare un terno,

 

andavan dalla celebre Indovina

ad invocar le magiche parole,

ed essa con un'arte sopraffina

di dire a ciaschedun ciò ch'egli vuole,

 

con segni indiavolati e petulanza,

travestendo la zotica ignoranza,

seppe alfine ottenere il gran miracolo

di passar fra la gente per oracolo.

 

Sebbene quest'oracolo la bocca

aprisse in cima a un povero solaio,

pure attirava tanta gente sciocca,

che misurò i denari collo staio.

 

Il marito divenne cavaliere,

si cangiò casa, si fe' l'arte in grande,

ma in mezzo ai candelabri, alle specchiere,

la maga barattò le noci in ghiande.

 

Un'altra donna intanto, che innocente

è di magia, venuta in quell'oscura

soffitta, vede accorrere la gente

a farsi dir la solita ventura.

 

Donne, fanciulle e conti e servi e serve,

era un continuo andare e ritornare.

Invan la donna cerca protestare

ch'essa non fa la strega, a nulla serve

 

ogni protesta, e il dir di non volere.

Bisogna profetar, fare gl'incanti,

e pigliar più denari col mestiere

che un avvocato non ne piglia tanti.

 

Aiutava, dirò, la messa in scena,

un manico di scopa e quattro storte

sedie, e quell'aria di miseria piena,

che puzzava di sabato e di morte.

 

L'altra donna ben presto vide il guaio

di non aver salvata l'apparenza:

la fede era rimasta sul solaio.

È l'insegna che fa la concorrenza.

 

 




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