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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO OTTAVO
    • I - La Morte e il Moribondo
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LIBRO OTTAVO

I - La Morte e il Moribondo

 

Impreveduta mai piomba la Morte

in capo al Saggio. In ogni tempo a guardia

veglia l'occhio di lui. Pronto è il fardello

a partire, ogni giorno, ogni momento

pel fatal malinconico viaggio.

 

Ogni tempo del Tempo è un'ora buona

al pagar la scadenza. Infimi e grandi,

soggiaccion tutti al gran tributo, e spesso

nelle culle regali aprono e a un punto

chiudon per sempre le pupille al sole

principi e re.

Che val splendor di trono,

beltà che vale e giovinezza e casta

virtù, di fronte all'impudica mano

della Morte che sradica e distrugge?

Giorno verrà che l'Universo intero

il mesto accrescerà regno di morte.

 

Nella sua grande, universal rovina,

se tanto è nota questa brutta Morte

e tanto è antica, or come mai per tanti

così tacita arriva ed improvvisa?

 

Un moribondo, che cent'anni almeno

avea vissuto, a bisticciarsi prese

colla Morte e chiamavala indiscreta,

che lo facea partire a spron battuto

senza il tempo di far un codicillo,

senz'avvertirlo... - È giusto ch'un sen vada

a piedi scalzi? aspetta almanco un poco.

 

Mia moglie vuol tenermi compagnia,

e deggio a un nipotin far qualche lieve

assegno; o aspetta almen, Morte, ch'io possa

rabberciare quest'angolo di casa...

Ih! che bisogno c'è per la partenza

di tôrre il fiato alla povera gente?

 

- Non ti sorprendo io già, - disse la Morte, -

e a torto, Vecchio, tu di me ti lagni.

Non conti forse i tuoi cent'anni? e quanti

sono in Parigi e in Francia, anzi nel mondo,

ch'hanno toccato un numerobello?

Tu mi rimbrotti che non t'abbia a tempo

avvisato e che compiere ti resta

qualche faccenda. Che so io di casa,

di nipote, di moglie, e testamento?

Ma non furono forse avvisi a tempo

e il tremolare delle gambe e il monco

fiato e la mente annuvolata e stanca?

 

Poco appetito, orecchia sorda e noia

fin del sole che splende e si diffonde,

come se il sol per te sprecasse i raggi,

voglia di nulla o desiderio insano

di ciò che non ti tocca, e molti morti

degli amici tuoi stessi, e moribondi,

e malati e infiniti accatarrati,

non eran segni, o Vecchio, della Morte?

Presto adunque e si lascino le ciarle,

andiam, che poco importa alla repubblica

che tu faccia o non faccia il testamento -.

 

Avea ragion la Morte. A creder mio

esser pronto dovrebbe ogni buon vecchio

a far di questa vita il suo fardello,

come quando un si toglie dal convito

e col cartoccio in man l'ospite inchina.

 

Di quanti giorni può tardar la fine,

Vecchio, de' giorni tuoi? Vedi superbi,

e come a danza andar lieti alla Morte

i giovani soldati, e ad una morte

 

non men fatal per quanto inclita e bella.

Ma inutilmente io so che ti rimbrotto,

spero di trar mai frutto veruno

dalle mie ciarle. È sempre il più restìo

a morir chi alla Morte più somiglia.

 

 




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