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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO OTTAVO
    • III - Il Leone, il Lupo e la Volpe
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III - Il Leone, il Lupo e la Volpe

 

Fatto vecchio, decrepito ed asmatico,

gottoso ed arrembato,

un Leone cercava il gran rimedio

di migliorare il suo malfermo stato.

 

È fare un torto ai grandi il dire o il credere

che v'abbia cosa a lor forse impossibile;

ed anche questa volta al primo annunzio,

da tutti i quattro punti dello Stato

ecco arrivare i medici,

empirici, specifici,

flebotomi, anatomici,

a consultarsi intorno all'ammalato.

 

I cortigiani vanno tutti in visita,

tranne la Volpe, che si tenne comoda

nella sua tana. Intanto al capezzale

del grande Infermo, il Lupo, un degli assidui

al corteggiar, si giova del momento

per dirne tutto il male

che può inventare un Lupo di talento.

 

Avria voluto il re che la meschina

nella sua tana fosse affumicata,

ma la volle sentir, e una mattina

la Volpe già avvisata

presentasi, s'inchina,

e: - Sire, - dice, - è ingiusto il sostenere

che per disprezzo abbia tardato un

a fare il mio dovere.

 

Se non venni cogli altri al primo omaggio,

egli è che ho fatto un pio pellegrinaggio

per implorar da Quei che sol la

ogni salute a Vostra Maestà.

 

Strada facendo, a molti dotti medici

ho parlato di voi, del gran languore

che mai non cessa, e m'hanno detto i pratici

che viene da mancanza di calore,

effetto dell'età.

 

Ma si potrìa provare un buon rimedio,

squartando un Lupo vivo - il vero io narro, -

e poi la pelle ancor fumante, subito

mettersi indosso a guisa di tabarro -.

 

Piacque il consiglio al re,

che il conte Lupo tosto uccider fe',

a colazione prima lo mangiò

e nella pelle poi s'imbacuccò.

 

Signori cortigiani, io dico a voi

che in danno altrui di migliorar la sorte

cercate, seminando ed odii e guai:

dai pari vostri il mal si rende poi

a quattro doppi. In Corte

non si perdona mai.

 

 




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