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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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Se il Boccaccio mi tolse un giorno al dolce Esopo mio, novella ecco mi toglie ad entrambi una Musa assai gentile, che alla fonte natia mi riconduce. Come dire di no, quando divina è la musa e di tal beltà vestita, che sui cuori sovrana alza lo scettro? Or sappia il mondo che a cantar mi tragge ancora messer Lupo e monna Volpe l'unica Sillery, vaga donzella, a cui tutti si prostrano devoti. Chi dice Sillery nulla gli resta d'aggiungere di poi che non sia vano. Essa si duol che a lei sfugga il segreto spirto de' miei Racconti (a dolce sguardo è ben che ignudo il ver non apparisca) onde ancor canterò, ma sol per essa, ciò che davanti a lei senza commento possa tornar più volte e senza offesa.
Vengano prima i miei pastori e poi ben io saprò sulla modesta lira di capri e lupi concertar le voci.
Tirsi diceva ad Amaranto un giorno: - Conosco un mal, mia cara, un mal sì dolce, che vince ogni altro ben sopra la terra ne' suoi misteriosi incanti. Or vieni, se di Tirsi non hai dubbio e paura, e lascia che conoscere ti faccia questo mal, questo bene. E non son io il più fedele e il più sincero amico di quanti hanno per te malato il cuore? -.
Disse Amaranto: - E qual nome gli fanno - Amor. - Amore? È un bel nome davver. E a quali segni presentirlo potrei, qual è il tormento?
- Son pene al cui confronto anche i più grandi passatempi dei re, stupidi giochi diventan. Tu vaneggi in una blanda estasi in mezzo ai boschi. Il ruscelletto luccica sempre in una vaga imagine tremolante che a te non rassomiglia e t'insegue dovunque ove tu fugga; per ogni cosa è cieca la pupilla fuor di quella parvenza. Il nome, il nome d'un pastorel, la voce sua, l'idea, d'una fiamma improvvisa il volto accende.
Sospiri, se di lui pensi, e non sai perché sospiri, ma per lui sospiri, incontrarlo vorresti e in un lo temi.
- E questo mal? - allor disse Amaranto; - o mio buon Tirsi, è un pezzo ch'io lo provo -.
Tirsi sperò d'essere giunto in porto, e corse a lei, che subito soggiunse: - Io lo conosco, è il mal che sento in core per Clidamante-. Ahi disgraziato Tirsi! ché di vergogna non moristi e d'ira? Molti son come lui semplici e stolti, che, giocando alla sorte, ahi! troppo tardi s'avvedono di fare il giuoco altrui.
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