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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO OTTAVO
    • XIII - Tirsi e Amaranto
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XIII - Tirsi e Amaranto

(Alla signorina De Sillery)

 

Se il Boccaccio mi tolse un giorno al dolce

Esopo mio, novella ecco mi toglie

ad entrambi una Musa assai gentile,

che alla fonte natia mi riconduce.

Come dire di no, quando divina

è la musa e di tal beltà vestita,

che sui cuori sovrana alza lo scettro?

Or sappia il mondo che a cantar mi tragge

ancora messer Lupo e monna Volpe

l'unica Sillery, vaga donzella,

a cui tutti si prostrano devoti.

Chi dice Sillery nulla gli resta

d'aggiungere di poi che non sia vano.

Essa si duol che a lei sfugga il segreto

spirto de' miei Racconti (a dolce sguardo

è ben che ignudo il ver non apparisca)

onde ancor canterò, ma sol per essa,

ciò che davanti a lei senza commento

possa tornar più volte e senza offesa.

 

Vengano prima i miei pastori e poi

ben io saprò sulla modesta lira

di capri e lupi concertar le voci.

 

Tirsi diceva ad Amaranto un giorno:

- Conosco un mal, mia cara, un maldolce,

che vince ogni altro ben sopra la terra

ne' suoi misteriosi incanti. Or vieni,

se di Tirsi non hai dubbio e paura,

e lascia che conoscere ti faccia

questo mal, questo bene. E non son io

il più fedele e il più sincero amico

di quanti hanno per te malato il cuore? -.

 

Disse Amaranto: - E qual nome gli fanno

a questo mal che dici?

- Amor.

- Amore?

È un bel nome davver. E a quali segni

presentirlo potrei, qual è il tormento?

 

- Son pene al cui confronto anche i più grandi

passatempi dei re, stupidi giochi

diventan. Tu vaneggi in una blanda

estasi in mezzo ai boschi. Il ruscelletto

luccica sempre in una vaga imagine

tremolante che a te non rassomiglia

e t'insegue dovunque ove tu fugga;

per ogni cosa è cieca la pupilla

fuor di quella parvenza. Il nome, il nome

d'un pastorel, la voce sua, l'idea,

d'una fiamma improvvisa il volto accende.

 

Sospiri, se di lui pensi, e non sai

perché sospiri, ma per lui sospiri,

incontrarlo vorresti e in un lo temi.

 

- E questo mal? - allor disse Amaranto; -

o mio buon Tirsi, è un pezzo ch'io lo provo -.

 

Tirsi sperò d'essere giunto in porto,

e corse a lei, che subito soggiunse:

- Io lo conosco, è il mal che sento in core

per Clidamante-.

Ahi disgraziato Tirsi!

ché di vergogna non moristi e d'ira?

Molti son come lui semplici e stolti,

che, giocando alla sorte, ahi! troppo tardi

s'avvedono di fare il giuoco altrui.

 

 




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