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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO OTTAVO
    • XXIII - Il Torrente e il Fiume
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XXIII - Il Torrente e il Fiume

 

Un torrentaccio rapido e sonante,

precipitando al basso,

empìa del suo fracasso

le rive e la campagna circostante.

 

Fuggìan le genti dalla furibonda

velocità dell'onda,

quand'ecco un tal che dai ladri fuggiva

fermossi sulla riva.

 

Come passar? esita un po', ma visto

che i ladri corron sempre per di qua,

tentò, passò... Per il rumor che fa

il torrentaccio non è poi sì tristo.

 

Anzi è sì buono, che il furor dell'onda

i ladri non fermò.

L'altro a correre ancor, fin che alla sponda

d'un bel fiume arrivò.

 

Questo era proprio un fiume maestoso,

sereno come un bel sogno d'estate,

non rupi a picco, ingrate,

ma un passo limpidissimo, sabbioso.

 

Col suo cavallo il buon viaggiatore

fugge i ladri, ma il guado è traditore:

beve il cavallo, beve il cavaliere,

e in fondo a Stige vanno entrambi a bere.

 

E vanno entrambi a bere in Acheronte

e in acque più lontane.

Fin che abbaia giammai ti morde il cane,

è l'acqua cheta che corrode il ponte.

 

 




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