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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO NONO
    • XII - La Candela
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XII - La Candela

 

Dall'Olimpo, soggiorno almo e giocondo,

venner le pecchie ad abitar nel mondo,

e prima ritrovâr dolce ricetto

sui gioghi dell'Imetto,

ove stillâr quanti nel sen dei fiori

van spargendo gli zefiri tesori.

 

L'uomo imparò dalle costrutte celle

a spremere l'ambrosia, onde le belle

figlie del ciel riempiono i soavi

elaborati favi.

E poi che da mangiar più nulla c'era,

fece candele colla bianca cera.

 

Una di queste intese dire un giorno

che diventa il matton cotto nel forno

così duro e tenace,

che può vincer del tempo il dente edace,

e come il pazzo Empédocle provò,

nella fornace anch'essa si gettò.

 

Questa candela nella sua follia

mostrò di non saper filosofia.

Ciascun ha un modo suo di stare al mondo,

l'uno galleggia e l'altro cade in fondo.

Empédocle di cera e non men stolta,

fu dalla brace subito disciolta.

 

 




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