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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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XVIII - Il Nibbio e l'Usignolo
Dopo che un Nibbio, ladro patentato, ebbe assai schiamazzato ed eccitato mise gli artigli in corpo a un Usignolo.
Questo araldo gentil di primavera della sua vita a lui chiedea perdono, dicendo: - E che ti giova, anima fiera, mangiar un animal ch'è tutto suono?
Se attendi un poco, a te cantar saprò la storia e il forte amore di Tereo... - Tereo? che roba è ciò? forse un cibreo che piace ai Nibbi? - il Nibbio dimandò.
- Tereo, - così l'Usignol cantarella, - fu un re del qual ebbi a sentir gli ardori, ed io ne canto una canzon sì bella, che ovunque ha fatto palpitare i cuori.
- È cosa, - disse il Nibbio, - che consola sentir a pancia vuota un'arietta. - Ai re non spiacque la mia storia. - Aspetta di contarla a' tuoi re questa tua fola.
Io me ne rido e sto al proverbio vecchio, che dice: pancia vuota non ha orecchio.
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