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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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II - Gli Dèi vogliono istruire un figlio di Giove
Di nulla sente amor la fanciullezza, nell'amor, nel piacer, nella dolcezza,
In lui l'amor e insieme la ragione precorrevano il tempo, il tempo, ahimè! che ha l'ali preste e porta ogni stagione fin troppo presto a me.
Flora, la bella dea dagli occhi belli, ecco gl'insegna e non tralascia nulla. Pianti, sospiri e tenerezze e dolce soavità che il cor agita e molce tutto insegnò l'amabile fanciulla, e tutto apprese il giovincel divino, e mente e cor e nobili costumi, che i figliuoli non han degli altri numi.
Costui sì bene dell'amor la scienza ch'era in lui questïon d'esperienza, tanto pareva nell'amor perfetto. dare al fanciullo un po' d'educazione, fa raccoglier gli Dèi e: - Amici, è vero, - ho guidato fin qui solo padrone, ma per questo figliol, ch'è sangue mio, io voglio ch'ogni dio, poiché il bambin è del mio sangue nato, m'aiuti a farlo dotto e scozzonato.
Per meritar la stima de' suoi pari bisogna ch'egli impari, o finga, in tutto
Appena Giove ebbe finito, un grande schiamazzare per l'etere si spande. - A me l'onor, - subito grida Marte, - d'insegnargli dell'armi il gioco e l'arte, per cui tanti mortali e invitti eroi seggono ancor fra noi. - A lui sarò maestro di chitàra, - soggiunse il biondo ed erudito Apollo. Quel dio, che tiene d'un leone al collo la pelle, aggiunse: - Alla tua prole cara come domar si può e non fra le carezze
tutto gl'insegnerò, che tutto apprende ardente cor ch'ha di piacer desio.
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