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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO DECIMOPRIMO
    • IX - I Topi e il Gufo
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IX - I Topi e il Gufo

 

Non bisogna creder mai

di contar cose sublimi

alla gente.

Come vuoi che ognuno estimi

egualmente

tutto ciò che tu dirai?

 

Una prova assai sincera

noi l'abbiamo in questa istoria,

che sembrar può inverosimile

ed è vera.

 

Abbattevano un pin, vecchio palazzo,

asil oscuro e tristo

a quell'uccel che d'Atropo

è messaggier sinistro.

 

E dal suo vecchio tronco rosicchiato

dal tempo, insiem a molti altri inquilini,

grassi, rotondi uscirono,

ma coi piè mozzi, alcuni topolini.

 

Il maledetto Gufo avea col becco

mutilate le bestie e le nutria

di gran, di pan, di briciole,

in casa con squisita cortesia.

 

La brutta bestia in altre circostanze

avea veduto i topi prigionieri,

se appena lo potevano,

dalla prigion scappare volentieri.

 

Onde trovò il rimedio,

man man che ne pigliava sulla via,

di romperne le gambe e poi con comodo

mangiarli e così via.

 

Non si voleva prendere l'affanno

di mangiarli in un giorno, ed anzi il caso,

oltr'essere impossibile,

poteva alla salute esser di danno.

 

Dié segno dunque d'una previdenza,

che non si l'eguale, sto per dire,

neppure in mezzo agli uomini.

Pei topi fu una mezza provvidenza:

ché li serviva a tavola

con tanta carità, che a un cartesiano,

per cui tutto non è che un meccanismo,

dovea parer quel Gufo un poco strano.

 

Se non era ragion che consigliavalo

ad ingrassar quei topi nella stia

e a romperne le gambe,

non so più la ragion che cosa sia.

 

Ei pensava così: - Poiché mangiarli

non posso in una volta ed essi scappano,

pel pranzo di dimani

bisogna ben ch'io pensi a conservarli.

 

Però togliendo ai topolini i piedi,

o saggio Gufo, al caso tuo provvedi -.

Dite voi se Aristotele ed i sui

ragionavano meglio di costui.

 

 

Epilogo

 

Alla riva così d'un'onda pura

la Musa nel linguaggio degli dèi

tradusse ciò, che gli animali miei

innanzi al cielo esprimono

colla rozza favella di natura.

Interprete di popoli diversi

io li feci parlar, come si vedono

sulla scena gli attori, entro i miei versi.

Non c'è cosa nel mondo e in ogni sfera

che non ragioni nella sua maniera.

E se vi par che parlino le cose

più ch'io non sappia interpretar col canto,

almen dato mi sia

questo modesto vanto

d'aver sgombrata la novella via.

All'opra altri potran con abil mano

e delle Muse col favor gentile,

con nuovi modi, ch'ho tentato invano,

aggiungere splendor ed alto stile.

Ma ben altri argomenti intanto a voi

costringono la mente:

che mentre questa mia Musa innocente

traversa l'acque in piccioletta barca,

Luigi il gran Monarca

pon fine all'ardue imprese

che già stancaro i più famosi eroi.

Se queste canterà Musa più forte,

il Tempo e insieme vincerà la Morte.

 

 




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