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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO DECIMOSECONDO
    • V - Il Gatto e il Topo
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V - Il Gatto e il Topo

(Al signor duca di Borgogna che aveva chiesto a La Fontaine una favola)

 

Per obbedir al giovinetto principe,

al qual propizio invoco oggi il Destino,

io devo intitolar questa mia favola

il Gatto e il Topolino.

 

Che devo dir? dipingerò di femmina

crudele il lusinghier dolce ritratto,

che con un cor si gioca, come vedesi

col Topolino il Gatto?

 

O pingerò della fortuna instabile

gl'inganni, da cui tratto è il poverino,

siccome tratto a perdizion di solito

dal Gatto è il Topolino?

 

O canterò d'un re, che vince e domina

della Fortuna anche il capriccio matto,

che ne arresta la ruota e allegro ridesi

de' suoi nemici come fa per celia

del Topolino il Gatto?

 

Ahimè! per questa strada io perdo il bandolo

e giro come ruota di molino,

se delle ciarle mie si ride il principe,

egli il Gatto sarà della mia favola

che burla il Topolino.

 

Il vecchio Gatto e il Topolino

Un Topolino senza esperienza,

caduto nelle zampe a un vecchio Gatto,

ne implora la clemenza

e crede di commuover Mangiaratto.

 

- Pietà, lasciami vivere,

un topolinpiccolo

non può recar offesa

alla casa e al padron esser di spesa.

D'un chicco io vivo al moderato prezzo

e d'una noce m'arrotondo tanto

che quasi crepo in mezzo.

Son magro, aspetta almeno

a darmi a' figli tuoi

quando sarò più pieno -.

 

Così pregava il povero animale,

ma l'altro: - Caro, addio,

ti pare naturale

un tal discorso fatto a un pari mio?

Saresti men balordo

se la contassi a un sordo.

Gatto e vecchio giammai non la perdonano.

Muori dunque e discendi a raccontarla

questa tua bella ciarla

alle tre filatrici del diavolo.

I figli miei ci penseran da sé,

intanto io penso a me -.

Se vuoi che una moral adesso stringa,

è questa: - Giovinezza si lusinga

e spera d'ottener sempre pietà,

ma la vecchiezza viscere non ha.

 

 




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