V - Il Gatto e il Topo
(Al signor duca di
Borgogna che aveva chiesto a La Fontaine una favola)
Per obbedir al giovinetto principe,
al qual propizio invoco oggi il Destino,
io devo intitolar questa mia favola
il Gatto e il Topolino.
Che devo dir? dipingerò di femmina
crudele il lusinghier dolce ritratto,
che con un cor si gioca, come vedesi
col Topolino il Gatto?
O pingerò della fortuna instabile
gl'inganni, da cui tratto è il poverino,
siccome tratto a perdizion di solito
dal Gatto è il Topolino?
O canterò d'un re, che vince e domina
della Fortuna anche il capriccio matto,
che ne arresta la ruota e allegro ridesi
de' suoi nemici come fa per celia
del Topolino il Gatto?
Ahimè! per questa strada io perdo il bandolo
e giro come ruota di molino,
se delle ciarle mie si ride il principe,
egli il Gatto sarà della mia favola
che burla il Topolino.
Il vecchio Gatto e il Topolino
Un Topolino senza esperienza,
caduto nelle zampe a un vecchio Gatto,
ne implora la clemenza
e crede di commuover Mangiaratto.
- Pietà, lasciami vivere,
un topolin sì piccolo
non può recar offesa
alla casa e al padron esser di spesa.
D'un chicco io vivo al moderato prezzo
e d'una noce m'arrotondo tanto
che quasi crepo in mezzo.
Son magro, aspetta almeno
a darmi a' figli tuoi
quando sarò più pieno -.
Così pregava il povero animale,
ma l'altro: - Caro, addio,
ti pare naturale
un tal discorso fatto a un pari mio?
Saresti men balordo
se la contassi a un sordo.
Gatto e vecchio giammai non la perdonano.
Muori dunque e discendi a raccontarla
questa tua bella ciarla
alle tre filatrici del diavolo.
I figli miei ci penseran da sé,
intanto io penso a me -.
Se vuoi che una moral adesso stringa,
è questa: - Giovinezza si lusinga
e spera d'ottener sempre pietà,
ma la vecchiezza viscere non ha.
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