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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO DECIMOSECONDO
    • XVIII - La Volpe e i Tacchini
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XVIII - La Volpe e i Tacchini

 

Contro i frequenti assalti

d'una Volpe ai Tacchini era una pianta

fortezza inespugnabile.

La perfida sprecava i suoi bei salti,

che sempre in sentinella eran le bestie

contro le insidie. Ond'ella si rodea.

- Costor, - dicea, - si vogliono burlare,

ma per gli dèi! scommetto che una volta

o un'altra saprò ben farla pagare -.

 

E mantenne il suo dir. Splendea la luna

lucida a favorir l'accampamento

del tacchinesco esercito.

E la Volpe, maestra in argomento

d'assediar città,

ricorse al vecchio sacco delle astuzie.

Salta di qua, di ,

balla sui piè, fa il morto, fa il risorto,

con tanta abilità,

che nessun Arlecchin meglio non sa.

Spiega la coda al bel lume d'argento

ed i Tacchini in guardia sulla pianta

con cento lazzi incanta.

 

Ma il tener l'occhio fisso e sempre teso

in un oggetto fa che del nemico

si confonda la vista entro una nebbia

quasi di sonno; e tratto dal suo peso

qualcun già casca addormentato e stanco.

A lui la Volpe il fianco

addenta e il porta, nella sua dispensa.

Poi casca un altro, un terzo, e mezzo infine

l'esercito nell'ugne sue volpine.

 

La paura del mal è l'occasione

che tira qualche volta in perdizione.

 

 




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