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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO DECIMOSECONDO
    • XXIV - Il Sole e le Rane
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XXIV - Il Sole e le Rane

 

Le rauche degli stagni abitatrici

al Sol d'ogni soccorso e protezione

andavan debitrici.

povertà, né guerra, né disastri,

mercé questo gran re di tutti gli astri,

turbavan degli stagni la nazione.

Queste Rane (chiamandole alla fine

col nome lor non reca disonore),

quest'umide regine

osaron contro il Sol levar le ciglia

e maledire al lor benefattore.

 

Imprudenza, superbia, ingratitudine,

e quanti mali aduna

dentro i cuori leggieri la fortuna,

fecer tanto gridar questa insolente

razza, che il sonno ne perdé la gente.

 

Sollevar esse credevano

ogni buona creatura

col gracchiar, col rauco stridere

contro l'occhio di natura.

Chi credeva alle parole,

sgocciolar dovea del Sole

la candela e in un momento

spuntar schiere a cento a cento.

E se un cenno, un piccol passo

ei faceva a quei rumori,

era un correre

di gracchianti ambasciatori,

spaventati

degli stagni per gli Stati.

A sentirle in conclusione

iva il mondo in gran sconquasso

per tre rane cicalone.

 

Non sperar mai di vedere

che le rane un giorno imparino

l'arte bella di tacere.

Ma se il Sole un si mette

sui puntigli, poverette!

 

 




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