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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO DECIMOSECONDO
    • XXVI - Dafni e Alcimaduri
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XXVI - Dafni e Alcimaduri

(Alla signora de la Mésangère)

 

O figliuola gentil d'una gentile

madre, per cui son teneri e devoti

oggi ancor mille cori (e qui non conto

i rispettosi amici e quei che in petto

celan la fiamma d'un segreto amore),

tra l'una e l'altra voglio far che un poco

di questo incenso, ch'io raccolgo in cima

del Parnaso, oggi salga condiviso.

Un segreto io posseggo, il qual ne rende

gradito il fumo. Io vi dirò... che cosa?

Dir tutto è troppo quel che canta in core,

e, già per gli anni affievolita e stanca,

è forza ch'io riduca oggi la voce

a pochi temi e su modesta lira.

 

Io dunque loderò solo del vostro

core la tenerezza e le soavi

grazie e gli affetti e i nobili pensieri,

di cui non vi saria nel mondo esempio

tranne che in voi, se non vivesse quella

che di grazia vi fu madre e maestra.

Voi procurate di salvarbelle

rose dai troppi spini, il che Amore

a voi dirà con voce più gentile

queste ch'io canto flebili parole,

Amor, che acerbo sa punir chi sordo

alle parole sue chiude l'orecchio.

 

Alcimaduri vaga pastorella,

crudel, non men che bella,

Amor disprezza ed i potenti strali,

e fiera e forte e per le balze snella,

per boschi e prati come avesse l'ali

dietro il capriccio va,

diversa in ogni cosa

dall'altre e più sdegnosa

tranne in quella beltà

che più crudel la fa.

Tutto è piacente in lei, fin quello sdegno

ond'è superba... Or che saria se alcuno

di lei trovasse degno?

Dafni, giovin pastor, nobile e baldo,

che il cor si sente caldo,

invan sospira un guardo, invan impetra

una parola da quel cor di pietra.

Onde pensa morir. Un giorno il passo

ferma alla porta dell'amato bene,

e al vento confidando l'aspre pene,

chiede e sospira invano

ch'apra la porta la pietosa mano.

 

Alcimaduri fra le sue compagne

celebrava il bel della sua festa,

al fior di sua bellezza sulla testa

cingendo i freschi fior delle campagne.

- Oh! potessi morir, dolce tesoro, -

grida il meschin, - davanti a questa porta!

Ma invano questo estremo bene imploro,

da chi ricusa ogni altro ben gentile

e me riguarda come cosa vile.

 

Me morto, il padre mio, com'ha promesso

al moribondo amante,

ti porterà del mio picciol possesso

i frutti ch'io sacrava ai santi dèi,

e ad essi aggiungo gli agnelletti miei,

e lo stesso mio can... Del tuo sembiante

vorran gli amici un bel tempio adornare,

ove di freschi fiori

rivestiran l'altare.

 

Di questo tempio al basso

al passeggier dirà l'umil mio sasso:

Dafni morto d'amor. Ti ferma e piagni

la sciagurata sorte.

Alcimaduri me condusse a morte” -.

 

A queste voci tenere si spense

dalla Parca sospinto e dal dolore

il giovine pastore.

Ella invece danzante, ilare, e in festa

esce e nemmen si arresta

a sparger d'una lagrima la terra

che tanto amor rinserra!

E mentre danza e ride

alla statua d'Amor ilare intorno,

questa si rompe in mezzo

e col suo peso la fanciulla uccide.

Voce dal cielo intanto si diffonde,

a cui l'eco risponde:

- Amate, amate, la crudele è morta -.

 

Rabbrividì di Dafni il nudo spirito

di Stige all'atra porta

quando apparir la vide,

e stupefatto alle parole infide

stette il Regno infernale

quand'ella favellò... stette il pastore

rapito come Aiace alle lusinghe

del furbo Ulisse e quale

Didone innanzi al grande traditore.

 

 




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