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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO DECIMOSECONDO
    • XXVII - Il Giudice, l'Ospitaliero e il Solitario
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XXVII - Il Giudice, l'Ospitaliero e il Solitario

 

Tre santi, tutti e tre caldi e zelanti

di lor salute eterna, per diverse

vie camminando ad una mèta stessa

(poi che tutte le vie menano a Roma),

in tre diversi modi al ben dell'alma

provvedeva ciascun.

L'un visto i triboli

e l'angherie vedute che trascinano

seco i processi e quel che vi guadagnano

i legulei, pensò di farsi giudice

gratis, amore Dei... senza specifiche.

E destino fatal, sembra, degli uomini

che mezza vita, o per tre quarti, o tutta

passin fra loro in velenosa lite.

Onde il nostro, buon uomo e conciliante,

volle quasi guarir la razza umana

da questa smania.

L'altro invece (e il lodo)

preferì gli ospitali. Il dar soccorso

ai mali è carità ch'io molto apprezzo

sopra l'altre virtù. Fu sempre il mondo

pien di dolori e piaghe, e il nostro pio

ebbe molto da far senza la molta

pazienza. - O Dio! - borbottano i malati

impazienti, crucciosi, noiosi.

Come se all'uno sì, all'altro no

facesse preferenze, e questo e quello...

Ma codeste tristezze erano un nulla

in paragon de' guai, degli imbarazzi

in cui si dibattea l'uom della legge.

Nessun n'era contento e la sentenza

irritavali tutti, anzi accusavanlo

di tenere due pesi e due misure

e una falsa bilancia...

Un giorno il nostro

sant'avvocato corre in cerca e trova

all'ospital il santo degli infermi,

e coll'alma trafitta e titubante

per dover disertar contro gli assalti

il campo, in fondo a un solitario bosco

vanno il pianto a versar delle lor pene.

 

Entro un'orrida grotta ivi ed accanto

a un limpido ruscello, ove non scende

raggio di sole e dove il vento tace,

trovano il terzo santo e a lui consiglio

richieggon per la vita.

- Egli bisogna, -

risponde l'eremita, - in sé soltanto

attingere consiglio. E chi conosce

i nostri mali meglio che noi stessi?

Conoscere se stessi è il gran precetto

che a noi comanda il Padre onnipotente.

Qui nella pace e non fra il mondo insano

se stessi è dato di trovar. Se l'onda

agitate, l'immagine si turba

di chi si specchia, e la poltiglia è densa

nube che appanna del cristallo i raggi.

Fratelli miei, lasciate che riposi

l'anima vostra. Nel silenzio verde

del deserto l'immagine perduta

troverete di voi -.

Tacque e seguito

fu il suo consiglio salutare e pio.

 

Non dico io già che debbansi le cure

fuggir del mondo. Poi che il mondo è pieno

di liti, di malanni e vi si muore,

occorrono i dottori e gli avvocati,

di cui penuria non avrà giammai

la terra. È bello, è buon dietro gli onori

e sui guadagni correre, ma quanto

in queste cure, ahimè, l'uomo si oblìa!

 

O voi, nelle faccende affaccendati

o magistrati, o principi, o ministri

voi tra mille accidenti avvolti e stretti,

voi cui sferza il dolor, guasta fortuna,

quando di voi, quando d'altrui coscienza

v'è concessa? se un poco si raccoglie

è dall'adulazion rotto il pensiero.

 

Questa bella morale al lungo tema

ponga termine alfin, e possan quelli

che questo tempo chiameranno antico

trarne succo vital. Ai prenci, ai dotti

la raccomando. Una miglior sentenza

dove trovar da porre in fondo al libro?




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