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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO QUINTO
    • XVII - La Lepre e la Pernice
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XVII - La Lepre e la Pernice

 

Delle disgrazie altrui fa' di non rider mai,

perché chi t'assicura

che sempre fortunato nel mondo esser potrai?

 

Ciò ben dimostra in varie

sue favolette Esopo,

e questa ancor ch'io recito

mira diritta a non diverso scopo.

 

Vivea la Lepre nello stesso campo

colla Pernice i giorni suoi beati,

quando un branco di cani scatenati

costrinser quella a chiedere uno scampo

nella sua tana oscura.

I Cani (ed alla testa era Grifone)

restaron colla voglia del boccone.

Ma il Lappa, un della scorta, un forte e baldo

cane levrier, filosofando a naso,

gli parve della preda

sentir l'alito caldo,

e fuori me la caccia dalla tana.

Molosso, andando a caso,

la trova, e dando a credere,

da cane che non ama dir bugia,

che gita sia lontana,

il tempo non le lascia

di dir Gesummaria.

 

- Che val, bestia minchiona,

d'aver la gamba buona? -

le dice la Pernice,

scherzandola... quand'ecco

i cani addosso accorrono

e la celia le mozzano nel becco.

Sull'ali confidava la meschina,

ma non avea ben fatto i conti suoi

col falco dalla zampa malandrina.

 

 




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