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Jean de La Fontaine
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  • LIBRO SESTO
    • III - Il Sole e il Vento
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III - Il Sole e il Vento

 

In autunno si sa che pazzo è il tempo,

ora piove, ora è bello, or splende il sole,

or distende la bella Iride il lembo

del suo vestito, avviso a chi viaggia

di portarsi per strada un buon mantello.

Balzana nominarono gli antichi

una stagion siffatta, in cui mai troppe

le previdenze son del pellegrino.

 

Un di questi era uscito un giorno appunto

ben riparato contro ogni incostanza

della stagione, in un doppio tabarro

di buona stoffa, allor che disse il Vento

al Sole: - Ecco, costui, per quel ch'io veggo,

ha provvisto assai ben contro gli eventi,

ma non pensò ch'io so gonfiar le guance

e con tanto soffiar impeto e forza,

che strappo anche i bottoni; o vuoi ch'io provi

a togliergli di dosso e con un colpo

al diavolo mandar quel suo tabarro?

Vuoi vedere? così potremo un poco

al bel volo godercela fra noi -.

 

Senza tante parole a lui rispose

il Sole: - Anzi fra noi facciam scommessa

a chi prima saprà scoprir le spalle

del galantuomo. A te, comincia primo,

ch'io mi lascio soffiar anche sul viso -.

 

Bastò il dirlo che il vento in un momento

tien la scommessa e s'empie e si rigonfia,

come un pallon, di nebbie e di vapori,

e soffia e fischia e zufola e tempesta,

innanzi polveroso va superbo,

e comignoli schianta e manda a picco

più d'una nave in mar per il capriccio

d'un ferraiol, ahimè!

Presto sul corpo

il suo mantel si strinse il viandante,

sì che il vento non entri. Invan s'insinua

questo dentro le pieghe e sotto il bavero,

ché l'uom prudente ancor più stretto attagliasi

il panno al dosso, e fu tempo perduto.

Trascorso il tempo suo, cedette il Vento

il gioco al Sol, che dissipa in un tratto

le nebbie e mostra il suo faccion lucente,

e tanto scalda al galantuom la schiena,

che sudato alla fin questi si tolse

il palandrano. Fu potente il Sole,

facendo men di ciò ch'ei puote; indizio

che la dolcezza vince ogni furore.

 

 




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