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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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V - Lo Scolaro, il Pedante e il Padrone dell'orto
Un Ragazzaccio allievo di collegio, vo' dir due volte peste, citrullo per cagione dell'età e per il privilegio ch'hanno i pedanti di guastar le teste, rubava con discreta abilità a un povero vicino i prodotti più belli del giardino.
In primavera risplendea dei doni di Flora più superbi il campicello, e Pomona serbavagli i più buoni frutti d'autunno, dando agli altri il resto. Ebbene il ladroncello rovina e ruba i primaticci e schianta i rami della pianta, distruggendo coi fiori la speranza. Allor corre il padrone e irato canta al maestro una buona rimostranza.
Che fa costui? Volendo che l'esempio fosse d'avvertimento anche agli altri bricconi, ne raccoglie nell'orto circa un cento, e citando Virgilio e Cicerone, sfodera tutto il vecchio zibaldone della sua scienza logica morale, e tanto predicò quel don Fagiuolo, ch'ebbero i cento la comodità di saccheggiare in cento luoghi il brolo.
Non c'è nulla che più mi faccia nausea d'una sapienza insipida ed oziosa, che blatera e non sa nemmen perché. Non conosco una bestia più noiosa d'uno scolaro (e ne conosco tante) se pur non è il pedante. Li tenga Iddio sempre lontan da me.
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