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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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VIII - Il Matto che vende la Sapienza
A discrezion non metterti dei matti, un consiglio più bello non si dà, e per quanto tu veda i mentecatti, gli stolidi, gli scempi goder presso le corti autorità, non sono buoni esempi.
Un Matto iva gridando per i vicoli ch'ei vendeva per poco la Sapienza e ciascuno correa per farne compera. Ei dopo aver provato la pazienza d'ognun di lor con infinite smorfie, dava loro uno schiaffo e per il prezzo un filo lungo più d'un braccio e mezzo.
Se alcun mostrava stizza e meraviglia, gli regalava il resto del carlino. Altri più saggi invece preferivano rider di sé, del filo e del meschino, e mogi e cresimati se ne andavano, ché a cercar la ragion nell'opinione dei matti perdi il tempo e la ragione.
È il caso che ragiona e parla ed opera nei cervelli balzani. E tuttavia un di questi burlati, che nei simboli crede, e suppon che un senso anche ci sia nello schiaffo e nel fil di quello stolido, va in cerca di un filosofo men pazzo, perché, se può, lo tragga d'imbarazzo.
- Son geroglifi, - a lui dice il filosofo, - che nascondono un saggio avvertimento, e questi schiaffi e questo fil dimostrano che in fondo il matto è un matto di talento. Tra i savi e i matti ei vuole che lo spazio corra di questo fil, o avranno i savi certe carezze ahimè! poco soavi.
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